Pardo: “Amo gli allenatori. Mou e le manette, Conte e i suoi sfoghi…”

Con il calcio ancora fermo, anche i programmi sportivi sono costretti ai box. Nelle lunghe settimane senza calcio durante il lockdown però Pierluigi Pardo è riuscito a lanciarsi in un’ode al ruolo più complicato nel mondo del pallone: l’allenatore.

PARDO E L’ALLENATORE: NON ESISTE UN MODELLO PERFETTO

Cosa sarebbe il calcio senza regole? Tutti noi almeno una volta ci siamo chiesti come potrebbe essere scendere in campo senza alcun tipo di schema prefissato, completamente liberi di esprimere il proprio essere in quel rettangolo verde. Ma eccezion fatta per alcuni, senza quella figura costretta nella gabbia tratteggiata a bordo campo, sicuramente il calcio non sarebbe più lo stesso. Ma un modello perfetto di allenatore non esiste, e così Pierluigi Pardo si lancia in un elogio alla categoria: “Amo il calcio, soprattutto gli allenatori. Il loro destino incerto e letterario. La solitudine. Un lockdown permanente. Il potere di sbagliare. Strategia, psicologia. E follia, anche. Nessuno come loro vive lo stress del calcio. L’allenatore è il primo a pagare se le cose vanno male, il più autentico difensore del bene comune in uno spogliatoio che spesso è invece la somma di diversi, convergenti egoismi“.

Un eroe moderno, ma ognuno con il proprio tallone d’Achille:“Se sali di categoria e di ingaggio le cose non cambiano. Il colpo di teatro è sempre in agguato. Mou e le manette, Conte e i suoi sfoghi, le subordinate di quarto grado di Spalletti, i filtrini maltrattati da Sarri. Puoi aumentare stipendio ed esperienza ma quell’istinto folle, quella solitudine bellissima e disperata resta. Non c’è via d’uscita. Perché il calcio è il più terribile e umorale degli sport. Metà valore e metà fortuna”

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