Lukaku: “Potevo andare alla Juventus o venire all’Inter. Abbiamo una squadra forte”

È bastato il solo girone d’andata a Romelu Lukaku per far innamorare i tifosi interisti. Il gigante belga però non vuole fermarsi qui e a Sky Sports Uk ha raccontato questi primi mesi in nerazzurro.

I GOAL IN PREMIER E POI LO STOP, MA CON CONTE LUKAKU È TORNATO GRANDE

Che Lukaku fosse un giocatore al di fuori degli schemi lo sapevano un po’ tutti, ma in pochi avrebbero scommesso sul suo nome dopo l’ultima stagione al Manchester. Il gigante belga infatti non era più lo stesso, ma dopo aver ritrovato Conte sembra essere cambiato tutto, così come conferma lui stesso: “Sono felice per come le cose stanno andando: vanno molto bene, continuo a lavorare ogni giorno e spero di vincere titoli“.

L’attaccante nerazzurro però non si limita a parlare di calcio e ne nasce una bella intervista dove si racconta a 360 gradi.

Un voto alla canzone di Ashley Young?
Darei 9/10, non ha sbagliato una parola. In estate io ho cantato molto bene, mentre Godin ha fatto un discorso: è un vincente, gliel’abbiamo lasciato fare. Io cantai una canzone in spagnolo, mi ha aiutato Lautaro.

Quante lingue parli?
Ne parlo sette. Per me è una cosa abbastanza naturale. L’inglese l’ho imparato con il rap, il francese aiuta con altre lingue, lo spagnolo è simile al portoghese e poi è arrivato l’italiano”.

E l’ultima stagione?
È stato un anno difficile per me nel lato professionale: le cose non andavano e dovevo ritrovare me stesso. Alla fine ho deciso che dovevo cambiare. A marzo l’ho detto alla dirigenza: non giocavo ed era meglio prendere strade separate. Ho fatto la scelta giusta, anche perché lo United ha dato spazio a tanti giovani. Io lavoro tanto, credo in me stesso ma sapevo di poter far meglio”.

Quali sono le tue doti come calciatore?
Direi la capacità di segnare con entrambi i piedi. Quando arriva un cross in area so essere pericoloso. Se c’è movimento vicino a me vado ancora meglio. Il 3-5-2 di Conte è simile al 3-4-3 che usiamo col Belgio, anche se in nazionale c’è molta più libertà di movimento. L’importante è farsi trovare nel punto giusto al momento giusto. E poi c’è il lavoro: ho obiettivi da raggiungere, sia con l’Inter che con il Belgio”.

Quale club e quale allenatore ti hanno capito meglio nel corso della tua carriera?
Roberto Martinez e Ronald Koeman. Ma anche Antonio Conte e José Mourinho sono dei grandi. Poi devo menzionare Steve Clarke: mi ha fatto esordire in Premier League a 19 anni. Non posso dimenticare il mio allenatore all’Anderlecht, che mi ha fatto giocare quando ero giovanissimo. Sono un ragazzo dalla mentalità aperta, alla fine devi fare quello che ti chiede il tuo allenatore. E penso che questo dimostri la mia professionalità”.

Con Conte stai segnando molto e ti stai anche divertendo. Che valore ha tutto questo?
Vedo tutti entusiasti attorno a noi. Però nello spogliatoio siamo molto concentrati. Ed è una buona cosa. Ai primi allenamenti, non ero abituato a questi livelli di intensità. Si dice che la Premier League sia un campionato fisico, ma nessuno si allena duramente come in Italia. Nelle prime due settimane dicevo al mio agente che soffrivo molto in allenamento, perché non l’avevo mai fatto così, però Conte era sempre lì a sostenerci. Per me questa è una cosa molto speciale: a volte gli allenatori stanno lì a scherzare, mentre lui è lì che ti sprona a dare il massimo. È per questo che noi non molliamo mai, fino alla fine. Finalmente, posso raggiungere il mio pieno potenziale”.

Sembra una persona che non bisogna far arrabbiare.
Assolutamente no. E uno che ti dice le cose in faccia: contro lo Slavia Praga ho giocato malissimo, e alla fine me l’ha detto davanti a tutti. Non mi era mai capitata una cosa del genere. La gara successiva è stata il derby di Milano, una delle mie migliori partite: il suo schiaffo mi ha aiutato molto. Tratta tutti allo stesso modo: se lavori bene giochi, altrimenti no”.

La Juventus viaggia, sarà un duello a due?
Sappiamo di non poter commettere alcun errore da qui a fine stagione. Stiamo cercando di fare questo, penso che la nostra squadra sia forte, ma non dobbiamo mai pensare di aver vinto alcuna partita. Conte ha vinto, sa cosa si deve fare per vincere. E poi vedremo alla fine come sarà andata”.

Quanto vi aiuta la presenza di giocatori esperti?
E’ importante avere questo tipo di giocatori. Gente che ha vinto, che sa quando chiudere una partita. Siamo in corsa sia in Coppa Italia che in Europa League: cerchiamo di fare bene anche lì. Abbiamo una squadra forte, se saremo salute potremo fare bene ovunque”.

Come ti descriveresti come persona?
So quali posizioni tenere. Se non mi piaci non ti parlo, altrimenti possiamo diventare amici. Sono un ragazzo che ha un gran legame con la propria famiglia: aiutare i miei è stata sempre la mia principale motivazione. Sto sempre a casa, amo i videogiochi, sia quelli calcistici che gli altri. Poi sono un ragazzo che ama anche divertirsi, ma per me c’è una linea chiara tra il divertirsi e il pensare alla famiglia”.

Hai raccontato di essere partito da una situazione di povertà.
Ti rimane in testa. A volte ci pensi. Per esempio quando ho difficoltà nel mondo del calcio: ci penso, e me ne dimentico. Quello che ho ora è una benedizione, se lo compariamo a quello che ho vissuto quando ero piccolo. Condividevo le scarpe da calcio con mio padre. Una volta siamo tornati a casa e non avevamo pagato l’affitto per mesi: ci siamo dovuti trasferire, perché non c’era più arredamento. Non ero l’unico ad aver affrontato queste situazioni, ma questo mi motiva a fare il meglio. Il calcio è stato un dono per me, volevo diventare a tutti i costi un calciatore per dare ai miei figli una vita diversa”.

Com’è avere un figlio?
È divertente. Torno a casa e mio figlio vuole giocare, guarda le partite e indica la televisione. Anche se ha solo 13 mesi capisce tutto: cammina da quando ha 9 mesi e gioca con la palla da quando ne ha 10. Non vedo l’ora di portarlo all’allenamento. Scherzi a parte, cerco di difendere il più possibile la mia privacy. Cerco di essere un bravo padre, senza dare lezioni di vita. Quando capirà tutto parleremo di tutto, per ora mi diverto

Cosa pensi quando si parla di razzismo?
L’anno scorso è stato molto triste. Penso che in quest’anno dobbiamo fare di più, prendere delle posizioni chiare. E non parlo soltanto del calcio: penso che l’educazione sia la chiave. Io sono stato a scuola, c’erano tante nazionalità diverse e non discriminavo nessuno: se tu eri tranquillo con me io lo ero con te. Questa è la cosa più importante, ed è anche la lezione che insegnerò a mio figlio: siamo tutti uguali e devi rispettare tutti. Se qualcuno ti sta antipatico, non parlarci e finisce lì. Quello che è successo a me, a Balotelli, a Pjanic. L’Italia è un bel Paese, con molta bellezza, grandi opere e un cibo fantastico. Ma ha ancora molto margine per migliorare e dobbiamo impegnarci tutti perché avvenga. Dobbiamo rimboccarci le maniche, senza lasciare tutto alla federazione”.

L’ultimo giorno di calciomercato è attesissimo da tutti, voi giocatori come lo vivete?
Io sono andato all’Everton nell’ultimo giorno di mercato, ero pronto a tornare al WBA ma poi mi chiamò Roberto Martinez e i miei mi consigliarono di cercare un’altra sfida. Ho fatto bene, mi ha dato la possibilità di mettermi in mostra. Non è tanto divertente o stressante l’ultimo giorno, se sai cosa succederà: è molto più divertente e stressante l’avvicinamento all’ultimo giorno. Dipende da dove vuoi andare. Quest’estate sapevo che sarei partito, ma sarei potuto andare sia a Torino che qui a Milano. Io volevo venire all’Inter, e quando il mio agente me lo ha detto ho esultato. Sono più stressanti gli ultimi due giorni, più che l’ultimo: a quel punto sai che qualcosa succederà”.

Euro 2020 è vicino. Sei pronto per la manifestazione?
Spero che tutti i miei compagni di nazionale arrivino al meglio a livello fisico. E magari dopo aver vinto, perché questo ti dà sicurezza. Vedremo come andrà, se tutti avremo avuto un buon finale di stagione affronteremo l’Europeo nel migliore dei modi”.

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