Matteoli, da mente a scopritore di talenti: “Quando l’Inter chiama…”

Gianfranco Matteoli è stato il regista dell’Inter dei record targata 88-89. Un’avventura nerazzurra chiusa col sogno di indossare la maglia del Cagliari di Ranieri appena approdato in Serie A. Ma anche un amore verso il nerazzurro mai svanito e che, dopo anni tra il rossoblu e il Como, è ritornato con la mansione di osservatore nel centro di Palmas Arborea.

Matteoli: “Quando chiama l’Inter non si rifiuta mai”

A Tuttosport Gianfranco Matteoli, regista dell’Inter di Trapattoni e bandiera sarda, si racconta nel suo ruolo di osservatore. Prima mente dell’Inter dei tedeschi, poi dirigente, un’importante carriera da responsabile del vivaio del Cagliari (1999- 2015) e poi, dopo una breve parentesi al Como, nell’estate del 2016 la nuova chiamata dell’Inter per un ruolo da osservatore.

Matteoli: non poteva dire di no, vero?
“Quando hai giocato nell’Inter, ti porti il nerazzurro dentro per sempre. Quando mi si è presentata questa opportunità, l’ho colta con entusiasmo. Devo tanto al Cagliari e al presidente Cellino per come mi ha fatto crescere, ma l’Inter è l’Inter e tornare, dopo aver vinto da giocatore, è stata una grande emozione”.

Com’è nata questa opportunità?
“Tutto è iniziato grazie alla mia esperienza nel settore giovanile. A Palmas Arborea, vicino a Oristano, dirigo un centro sportivo che dal 2016 è diventato ufficialmente un centro di formazione Inter. Ho cominciato a collaborare con Samaden che un giorno mi ha mandato a vedere un giocatore per il settore giovanile nerazzurro, ma a quel punto Ausilio, che conosco da tantissimi anni, mi ha chiesto di lavorare anche per la prima squadra”.

Per attitudine le cade l’occhio più sui giovani o riesce a essere imparziale?
“Per come la vedo io, non serve essere un intenditore di calcio per capire quando uno è bravo. La difficoltà di questo lavoro sta nel capire in pochi minuti, nei gesti tecnici e nell’atteggiamento in campo chi può essere da Inter, chi può reggere determinate pressioni e affrontare uno stadio come San Siro. Bisogna avere l’occhio per cogliere le prospettive di ogni ragazzo”.

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