Spalletti (1/2): “Chi vuole lavorare con me deve sentirsi l’Inter, non un calciatore dell’Inter. Il mercato…”

Luciano Spalletti show. Sulle pagine della Gazzetta dello Sport una lunga intervista al tecnico nerazzurro.

Spalletti: “Martellerò i giocatori”

Se dovesse indicarne uno solo, quale può essere il valore aggiunto che porterà all’Inter?
“Ho del sentimento e cercherò con tutte le forze di trasferire il mio modo di lavorare e le mie convinzioni alla squadra. All’Inter come squadra, non ai singoli. Perché questo gruppo ha tanti valori, ma poi ognuno ritiene di aver fatto il suo e come collettivo non funziona. Io sono fatto davvero così. Sono voluto nascere in Toscana, non ci sono nato. Ogni giocatore crede di avere qualcosa da ricevere, invece devono preoccuparsi di dare qualcosa. E tanto. Chi vuol lavorare con me deve sentirsi convinto. Anzi, deve sentirsi l’Inter, non un calciatore dell’Inter. Se no è inutile parlare di senso di appartenenza. I ragazzi non devono pensare “Io sono Candreva o Murillo, giocatore dell’Inter”, bensì “Io sono l’Inter!”. Bisogna avere a mente la grande storia di questo club”.

Il finale di stagione in questo senso non lascia ben sperare…
“Li martellerò in ogni istante su questo concetto. Se non capiscono cosa vuol dire vestire la maglia dell’Inter non si va da nessuna parte. Come lo ero per la Roma e per le squadra che ho allenato in precedenza, sono eccitato di poter lavorare per l’Inter. E voglio lo stesso sentimento nei miei uomini. Solo così si crea la giusta simbiosi che deve riguardare tutti. Anche i magazzinieri, che devono essere contenti se l’Inter vince e devono dare tutto perché i ragazzi facciano bene”.

Fonte foto: inter.it

Ha sentito o sentirà Pioli per farsi un’idea di chi in questa rosa ha avuto l’atteggiamento giusto e chi no?
“Premesso che non mi sento superiore a nessuno dei tecnici che mi hanno preceduto e che stimo molto Pioli, i ragazzi ho bisogno di guardarli negli occhi e affrontarli io per capire se c’è la giusta convinzione”.

Avverte la responsabilità verso i tifosi, che rimangono i più fedeli in Italia come presenze allo stadio malgrado le tante delusioni? 
“Certo. È una cosa che ho toccato con mano quando con la Roma siamo venuti a San Siro. Noi eravamo lanciati da un filotto di vittorie, loro sembravano a terra eppure c’era lo stadio pieno. Perché i tifosi invece di mollare davano ancora di più la carica”.

Quanto incide il ritardo forzato sul mercato a causa dell’obbligo di vendere prima di comprare?
“Qualche complicazione la può dare. Ma non tanto perché temiamo di perdere i grandi giocatori, quanto perché noi siamo quelli che due paroline a questo gruppo le vogliamo dire. E bisogna martellare ora sulle gambe ora sulla testa, intesa come indicazioni tattiche che poi vanno portate in campo”.

Resta il problema delle uscite.
“Ora il vero punto è poter operare sul mercato. A seconda di chi esce, poi, cambiano alcuni obiettivi. Adesso voglio bene a tutti i miei calciatori, non credo al detto che l’erba del vicino è sempre più verde. Ma qualcosa dovremo fare per forza”. 

Fonte foto in evidenza: inter.it

LA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA A SPALLETTI

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