Mancini-bis, l’amaro racconto di un deludente ritorno

Il 14 novembre 2014 Roberto Mancini fu annunciato in pompa magna come nuovo allenatore dell’Inter, un ritorno talmente sorprendente da sembrare quasi un colpo di teatro. Amore a prima vista, Moratti come garante del profilo tecnico ed internazionale del Mancio e Thohir innamorato della preparazione manageriale dell’allenatore che riportò l’Inter a rivincere il campionato (3 scudetti),senza dimenticare le 2 Coppe Italia e le 2 Supercoppe italiane. Serviva un profilo vincente e amato dai tifosi nerazzurri così da far dimenticare il periodo deleterio con Mazzarri.

Bisognava risollevare una squadra con un morale a pezzi e una classifica ben al di sotto delle aspettative (nono posto): l’obiettivo del Mancio fallì, non senza attenuanti. Una squadra che, ancora, ragionava con il provincialismo dettato da Walter Mazzarri: tanta, troppa, paura degli avversari, zero personalità. E Mancini doveva ricostruire una nuova Inter riecheggiante il glorioso e recentissimo passato. Il primo anno si chiuse mestamente: ottavo posto, ovvero qualificazione mancata per le coppe europee, ma consapevolezza di ripartire, finalmente, da zero con un progetto accattivante e totalmente manciniano.

Il mercato di gennaio, dettato dal tecnico jesino, aveva portato ben quattro giocatori: Podolski, Shaqiri, il figliol prodigo Santon e Brozovic. Mancini puntava soprattutto sui primi due, che fallirono e lasciarono la truppa nerazzurra dopo solo sei mesi. Il mercato estivo, invece, portò, tra salti mortali del buon Ausilio, un cast di tutto rispetto: Kondogbia, Melo, Perisic, Ljajic, Jovetic, Murillo e Miranda per puntare dritti all’obiettivo minimo del terzo posto, ovvero ritorno in Champions League, passando per i preliminari.mancini

La partenza fu al top: 5 vittorie consecutive, squadra quadrata, cinica e fortunata. Bastava così? No, perché arrivarono brucianti ed incomprensibili sconfitte: Fiorentina (4-1 a San Siro), derby di ritorno (secco 3-0 dal derelitto Milan di Mihajlovic), senza dimenticare i tonfi con squadre nettamente alla portata della truppa nerazzurra. I risultati altalenanti, quindi, portarono un tiepido quarto posto: Europa League, che non è Champions, ma almeno ritorno in Europa e chissà sogni per un’Inter sempre più competitiva, in grado di lottare per obiettivi più concreti ed importanti.

Si arrivò così all’epilogo: cambio di proprietà, prospettive nuove, storie di rotture, riappacificazioni, insoddisfazione e delusione, fino all’8 agosto 2016, giorno probabile della fine del Mancini-bis. Si potrebbe chiudere così un’estate in cui i risultati sono stati privi di soddisfazione: tante sconfitte, morale pessimo e giocatori che hanno scaricato il tecnico, che a meno di sorprese, chiuderà bruscamente, così come la sua prima esperienza, (sfuriata post Liverpool, scudetto vinto grazie ad Ibrahimovic, prima dell’avvento di Mourinho n.d.r.) un rapporto che, in 21 mesi, ha portato risultati al di sotto delle aspettative.

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