Felipe Melo: “Il mio ingresso nel mondo del calcio è stato pieno di sacrifici, in carriera ho raccolto i risultati. Sull’Inter e la Nazionale dico…”

Ospite alla trasmissione “I Signori del Calcio”, il centrocampista nerazzurro Felipe Melo si è raccontato ai microfoni di Sky.

Un po’ ti senti un signore del calcio?
“Credo dipenda dai punti di vista. Arrivando da dove sono arrivato io, cioè da niente, non era semplice riuscirci, quindi direi di sì. Ringrazio sempre Dio e la mia famiglia. Sono nato a Rio, giocavo in una squadra che si chiamava “Squadra delle Oso”, poi abbiamo giocato quando avevo 9 anni un’amichevole con il Flamengo. Sono piaciuto tanto e sono andato a giocare lì, dove sono stato 10 anni. Per me però era difficile arrivarci, perché da Flamengo a casa mia ci sono 2 ore di pullman e mio padre e mia madre avevano difficoltà economiche per pagarmi il trasporto. Per questo mio padre tante volte faceva due lavori, per poter guadagnare di più. Non è stato facile, a 9-10 anni sei un bambino. Amo tantissimo i miei genitori. Volevo giocare con gli amici e tante volte mi sono chiesto: perché non posso uscire? Perché devo andare a letto prima delle 10? Perché mi devo svegliare alle 4 del mattino se ho 11 anni? Però sono cose che alla fine si fanno. Vedo che è stato un sacrificio, e vedo che sono cresciuto tanto. Adesso vedo che anche mio figlio, anche se ha tutto, dà valore alle cose piccole perché è giusto così”.

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Quando hai capito che il calcio oltre ad essere un divertimento poteva essere la tua vita?
“Quando ho fatto presente al Flamengo che avevo problemi per spostarmi, loro mi hanno detto: ‘No aspetta, allora ti diamo uno stipendio al mese’. Poi ho avuto un’offerta per giocare anche al Futbol Sala. Ho iniziato a giocare ed ero l’unico ragazzo ad essere pagato. Avevo 12-13 anni e lì ho capito che il calcio poteva cambiare la mia vita”.

C’è stato un allenatore che ti ha dato tantissimo che è Vanderlei Luxemburgo. Per cosa è stato importante per te?
“Sì quando mi hanno chiamato in Nazionale per i Mondiali l’ho chiamato e gli ho detto: ‘Questo successo è anche tuo’. Lui è rimasto un pò così perché non si aspettava la chiamata. Quando poi sono andato al Cruzeiro mi ha chiesto come giocatore. Sono andato lì e abbiamo vinto il triplete, una cosa pazzesca per il Brasile. Ero un ragazzo, avevo 17 anni, e quindi era tutto nuovo per me. Una squadra nuova, una città nuova e senza esperienza, quindi facevo cose che fanno i giovani. In quell’occasione, lui mi ha parlato dicendomi di mettere la testa a posto, di allenarmi seriamente ed essere un professionista, perché per arrivare in alto devi essere così. Questo insegnamento mi è rimasto dentro. Credo veramente che sia stato un passo importante per la mia carriera”.

Poi c’è stata la Spagna, dove sei diventato un giocatore completo. È stato un quello il passaggio alla piena maturazione?”
“Sì, sicuro. Anche con l’Almeria è stato un passaggio importante per me. Lì ho trovato un grande allenatore, Unai Emery, che oggi è al Siviglia. Abbiamo un rapporto importante ancora ora. Mi ha aiutato tantissimo a crescere. Vincere contro il Barcellona, contro il Real Madrid, vincere contro il Valencia e con il Siviglia 5-1 in trasferta e arrivare al sesto posto è tanta roba. Poi quell’anno non lo dimenticherò mai perché sono stato nominato con Xavi il miglior centrocampista del campionato, una cosa da raccontare anche ai miei figli”.

Le 4 caratteristiche di Felipe Melo sono: talento, fisico, cattiveria agonistica e lingua affilata. Ti ci ritrovi?
“Sì, sono proprio così. Ho la mia personalità, non ho mai avuto bisogno di andare in un programma tv o parlare con un giornale per crescere. Avevo bisogno da piccolo solo di Dio, della mia famiglia e della mia professionalità. Nell’anno in cui si è parlato molto di me, io sono andato nell’11 più forte di quel mondiale. Allora qualcosa ce l’ho. Ho giocato in fortissime squadre, ho vinto campionati importanti. Ho ancora l’età per lavorare e per vincere. Sono in una squadra che quest’anno sta lottando per andare in Europa. La mia è una cattiveria di vita, una cattiveria di uno che non aveva niente. La mia cattiveria è per vincere la vita non il calcio, per la vita”.

Prima parlavi dell’assist a Robinho, quella con l’Olanda era la partita perfetta. Quanto ti ha dato fastidio che sia finita così?
“Purtroppo il calcio è così, si vince, si pareggia e si perde… Noi abbiamo fatto fino all’1-1 una partita incredibile. Poi quella Nazionale, quei giocatori, quel gruppo era incredibile. Perché dopo tantissimi anni abbiamo vinto tutto tranne i Mondiali. Abbiamo vinto Coppa America e la Confederetions Cup, abbiamo vinto contro tutte le grandi squadre, ci siamo qualificati ai Mondiali, primi senza avere nessuna sofferenza dopo tanti anni. Poi in casa dell’Argentina vincendo 3-1. Abbiamo vinto 5-1 contro l’Uruguay dopo 50 anni che il Brasile non vinceva lì. Quindi era squadra importante. Poi perdi una partita contro l’Olanda e ci sta. Il calcio è così, nessun rimpianto. Mi sono fatto male in quella partita perché pensavo di vincere quell’anno il Mondiale con il Brasile. Però non è successo, pazienza. Ora sto lavorando per magari tornare in Nazionale e avere un’altra oppurtunità di vincere i Mondiali”.

Il punto di contatto è sempre Dunga, quanto è importante?
“Dunga per me è troppo importante, lo ringrazio molto per quello che ha fatto. È uno che mi ha aperto le porte della nazionale brasiliana. Ero alla Fiorentina quando mi ha chiamato per giocare contro l’Italia. Nessuno mi conosceva, tutti parlavano di me, poi ho giocato tutta la partita e abbiamo vinto 3-1 e da lì ho giocato sempre. C’è un rapporto importante con lui. È vero che dopo che è tornato in Nazionale il rapporto si è raffreddato, ma il rispetto c’è sempre e poi gli voglio molto bene, credo che questo sia reciproco”.

Un pensierino alla Coppa America?
“Ad essere sincero per le ultime 2 partite mi aspettavo di essere in Nazionale. Si era fatto male qualcuno e poi non mi ha chiamato, rispetto la sua scelta. Sarò convocato o meno, non cambierà niente di quello che sento per lui. Sto facendo un lavoro importante nell’Inter, sono un po’ malato di calcio, guardo tutti i miei numeri e sono importanti all’Inter, abbiamo vinto parecchie partite quando giocavo. Dopo 4-5 gare senza giocare ora sono tornato bene, abbiamo vinto e sicuramente aspetto una chiamata dagli Stati Uniti”.

La stagione alla Fiorentina.
“La mia prima stagione in Italia è stata una delle più belle che ho avuto. La Fiorentina è stata la prima grande squadra in cui ho giocato. Ho conosciuto gente che rimarrà sempre nella mia vita. Il mio rapporto con il tifoso fiorentino è stato incredibile. Molto importante quell’anno”.

Il passaggio in Turchia è stato come tornare un po’ in Brasile?
“Quell’anno dovevo andare al Paris Saint Germain. Mi aveva chiamato Leonardo, era gia tutto pronto per il Psg. Poi però mi ha chiamato Taffarel, gli ho spiegato che andavo in Francia. Da Istanbul però è poi arrivata un’offerta economica irrinunciabile. Ho 4 figli… Non potevo dire di no. Alla prima amichevole non ho giocato, eravamo in Austria proprio contro l’Inter ed era pieno di tifosi turchi che tifavano, urlavano, e ho pensato ‘iniziamo bene, sembra il mio Flamengo’. Lì sono rimasto 4 anni e sono diventato il brasiliano che ha vinto di più con il Galatasaray e il rapporto che ho con i tifosi turchi rimarrà per tutta la mia vita”.

Mancini e Prandelli sono stati importanti?
“Sì, loro e anche Fatih Terim. Tra noi c’è un rapporto come padre e figlio. Prandelli a livello tattico è molto preparato, sono cresciuto tantissimo a Firenze con lui. Di Mancini beh, cosa dire… Abbiamo vinto assieme al Galatasaray, ora mi ha portato qua. Abbiamo un rapporto incredibile. Ho tantissimo rispetto per lui e lo ringrazio di avermi portato all’Inter. Quindi se devo fare una corsa la faccio anche per lui. Quante telefonate l”estate scorsa? Abbiamo parlato tanto, è ho avuto pazienza. Ho iniziato a parlare con l’Inter già 3 mesi prima della fine del campionato. Ho avuto tante offerte importanti ma io volevo solo l’Inter”.

Cosa si è perso per strada quest’anno?
“Credo che il calo che abbiamo avuto sia normale, perché la nostra è una squadra nuova. Abbiamo lasciato dei punti che fanno arrabbiare. Siamo una squadra che deve ancora crescere ma una squadra importante. È normale che abbiamo avuto quel calo, ma c’è da arrabbiarsi perché abbiamo lasciato quei punti. È difficile vincere un campionato con così tanti giocatori nuovi. È un progetto che deve avere tempo. Ma dopo quel calo siamo tornati a vincere, a giocare bene. Questo è importante. Io sono venuto qui per vincere qualcosa, per portare l’Inter a giocare ancora in Europa. E credo che siamo vicini almeno a tornarci. Il vero obiettivo è tornare in Champions. siamo già migliorati rispetto all’anno scorso, poi i conti si fanno alla fine. Quando sono arrivato mi dicevano: ‘Ma Felipe giocavi in un’altra squadra’, però hanno visto subito nel derby che io ho il cuore nerazzurro e mi fa piacere, sono attaccato alla maglia”.

L’espulsione con la Lazio ha cambiato la tua stagione?
“Credo di aver sbagliato sul rigore, e può capitare, sono umano. Il giocatore arriva da giù e io non lo vedo. Poi salto per non fargli male, non la vedo quella cattiveria di cui tutti parlano. Volevo vincere quella partita e poi ho fatto il fallo… In campionato si vedono tanti falli, io ho avuto addirittura 3 giornate. Nella gara contro il Milan mi hanno ammonito per un fallo su Balotelli dove colpisco la palla al 100%. Questa è la maniera in cui gioco io, questa è la mia forza. Credo però che i compagni vedendo Felipe Melo lottare, anche loro facciano la stessa cosa. Lotteremo tutti fino alla fine”.

La famiglia.
“Quando ero al Gremio ho conosciuto mia moglie. Con lei ho 3 bambini, abbiamo messo a posto la nostra vita, la vita dei nostri bambini e la vita dei figli dei nostri bambini. In Brasile si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Io invece dico che al fianco di un grande uomo c’è una grande donna”.

La tua esperienza come la vedi?
“Sono molto felice all’Inter, avevo appena rinnovato il contratto 4 anni a cifre incredibili ma sono voluto venire qui. Sono venuto qua e ho tre anni di contratto. Siamo già migliorati rispetto all’Inter dell’anno scorso, credo che il margine di miglioramento sia tanto, ogni partita si migliora e il prossimo anno si migliorerà. Ho sentito il mio procuratore che è venuto qui un paio di volte e ha parlato con la società e sono contenti di me. Io sono contento di stare qui, le voci di mercato sono tutte bugie. Ho 3 anni di contratto quindi voglio stare qua”.

E il futuro?
“Non mi vedo mai lontano dal calcio anche perché sono uno dei pochi giocatori malati di calcio. Non mi vedo lontano dal calcio. Abbiamo già una squadra che sta lottando per la Serie A spagnola, il mio procuratore è un socio. Commentare calcio, fare il direttore, fare l’allenatore… Poi vedremo”.

Fonte: inter.it

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