Ritratto di Jo-Jo, vero talento Swarovski: dalle magie con la Viola al grigio di Manchester, ora il rilancio con l’Inter

Tanta classe, lucentezza, qualità, ma anche delicatezza e fragilità. Stevan Jovetic è un cristallo Swarovski e come tutti i cristalli, ne possiede sia i pregi che gli inconvenienti. E’ un pezzo pregiato, un lusso, ma rischia di rovinarsi facilmente. E’ stata questa, infatti, la costante di una carriera segnata dalla precocità del suo debutto con la maglia del Partizan Belgrado, del trasferimento e dell’impatto in Europa alla Fiorentina, ma anche dalla frequenza e dalla gravità di alcuni suoi stop fisici.

A 16 anni diviene il sesto giocatore più giovane di sempre a debuttare nel campionato serbo, per di più con una maglia prestigiosa come quella del Partizan. Siamo nel 2006. Gli basta solo un anno per firmare il suo primo contratto professionistico, per divenire capitano dell’Under 21 del Montenegro, esordire già con la sua storica neonata Nazionale maggiore e vincere campionato e coppa nazionale con la sua squadra. Il suo nome inizia a circolare ai piani alti europei, tanto che, dopo un’ulteriore stagione da 19 goal in 33 presenze, viene rapidamente portato alla Fiorentina da Pantaleo Corvino, sempre abilissimo nello scovare giovani talenti in rampa di lancio. Fu lo stesso Corvino, tra l’altro, a portare in Italia il suo connazionale più famoso, tale Mirko Vucinic, un altro che ha rischiato di far coincidere la sua strada con quella dell’Inter.

Appena maggiorenne, l’ambientamento calcistico non è semplice, tanto che Jovetic segna i suoi primi goal in campionato solo sul finale di stagione. Prandelli e l’ambiente hanno però fiducia in lui e la stagione 2009/2010 lo consacra a indiscutibile talento, presente e futuro. Con solo 19 anni sul groppone, segna la rete che permette alla Fiorentina di passare il preliminare di Champions, la doppietta con cui la Viola stende il Liverpool nel girone e, nella stessa stagione, rischia di eliminare il Bayern Monaco negli ottavi di finale con un’altra sua doppietta, alla fine inutile. Goal pesanti per partite importanti, e pazienza se la continuità fisica non è delle migliori. L’annata 2010/2011 dovrebbe essere quella di una finale consacrazione, soprattutto sotto il punto di vista della continuità, ma nel ritiro estivo arriva a rompersi il crociato. Patatrac. Lo Swarovski è caduto dal quinto piano, si è schiantato, sgretolato ed è impossibile da recuperare nell’immediato.

Ci vorrà un anno per riassestarsi e ricomporre il gioiello. La Fiorentina lo aspetta e nelle sue ultime due stagioni in riva all’Arno è ricompensata. 27 goal in 63 partite di campionato, leadership acquisita e la rincorsa Champions con Montella sfumata per qualche rigore di troppo concesso ai rivali diretti rossoneri. La delusione è tanta, ma il cristallo è pronto per essere impacchettato e spedito a Manchester, dove ormai si espongono campioni in quantità industriale in entrambe le squadre. I dirigenti del City non hanno però fatto molto caso alla scritta fragile sul suo pacco di spedizione. I due anni in Inghilterra sono un calvario di infortuni che, combinati a una grande concorrenza, gli impediscono ogni tipo di continuità. Arriva appena in doppia cifra nell’arco di due anni e con 11 reti in 44 presenze con i Citizens risulta un investimento troppo caro per la sua fragilità. Gli Swarovski si comprano, ma vanno anche trattati con cautela.

A Mancini il compito di trattare questo prodotto con i guanti, non un semplice oggetto da esposizione, ma un ragazzo in grado di fare la differenza in più ruoli, moduli e soluzioni tattiche. Sarebbe un peccato comprare un cristallo del genere senza poi farlo brillare.

 

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