Torna a far discutere l’addio all’Inter di Mauro Icardi e dalle cause che hanno portato alla separazione. Secondo Luciano Spalletti non ci sono dubbi.
Tra i giocatori più emblematici dell’Inter negli ultimi anni non può che comparire Mauro Icardi. Il centravanti argentino è stato il faro della squadra negli anni più bui. È per questo motivo che il suo addio resta tutt’oggi una ferita ancora aperta per molti tifosi nerazzurri.
Le cause della separazione sono da ricondurre ad una frattura tra Icardi ed il resto dello spogliatoio, con l’allora tecnico Luciano Spalletti che si schierò dalla parte della squadra. Proprio in queste ultime ore sono emersi ulteriori dettagli sulle vicende che hanno portato ad uno degli addii che più hanno fatto discutere in questi anni.
Spalletti al veleno sul caso di Icardi: “La sua debolezza si chiamava Wanda Nara”
È uscita oggi l’autobiografia di Spalletti intitolata “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica“. Un racconto senza troppi giri di parole dove il ct della Nazionale parla delle tappe più importanti della sua carriera ed anche dei momenti più complicati. Tra questi momenti non manca ovviamente lo scontro con Icardi durante la sua esperienza all’Inter:
Mauro Icardi era il capitano. Calciatore fantastico, un rapace come pochi in area di rigore. Wanda Nara disse che l’Inter doveva comprare giocatori migliori per far segnare Icardi, fu devastante, una bomba. La mattina dopo vennero diversi calciatori nel mio ufficio. La debolezza del nostro capitano si chiamava Wanda e ci stava mandando a picco, dovevo evitare la guerra in spogliatoio. Dissi a Icardi di scusarsi, di spiegare. Lui si rifiutò. Non avevo scelta, gli tolsi la fascia. La prese malissimo, persi Icardi per non perdere la squadra.

Queste le parole di Spalletti che riconduce tutto a Wanda Nara. L’allora moglie di Icardi, nonché sua procuratrice, fu la causa di quella che poi diventò una frattura insanabile. Retroscena che in parte erano già emersi da tempo, ma farseli raccontare dal diretto interessato è chiaramente molto diverso.