Berni dopo l’addio: “Ho vissuto un sogno. Presto l’Inter alzerà trofei”

L’ex terzo portiere dell’Inter, Tommaso Berni si racconta in un’intervista concessa a Gianluca di Marzio, ripercorrendo la sua carriera.

La carriera di Tommaso Berni

Tommaso Berni ha lasciato l’Inter. Dopo ben sei anni di onorata panchina come terzo portiere del biscione, il trentasettenne portiere italiano è senza squadra.

L’idolo dei tifosi interisti degli ultimi anni ha deciso di raccontarsi in una lunga intervista rilasciata a Gianluca di Marzio, ripercorrendo tutta la sua carriera, iniziando dalla sua vita privata.

Vita privata

Tommaso Berni vive ad Ibiza, dove abita sua moglie e la piccola Deva: “E’ nata il 3 marzo, pochi giorni prima che il coronavirus chiudesse l’Italia”, racconta. Il parto a casa, in acqua“Ho vissuto tutte le 18 ore di travaglio, è stata un’esperienza unica”. Ora se la coccola, tutto il giorno: “Ma un occhio al cellulare lo butto sempre”, sorride. 

Berni: “Sapevo quale era il mio ruolo”

Il suo percorso in nerazzurro è giunto al termine. A proposito del mancato rinnovo il portiere afferma: “Era nell’aria – ammette –sapevamo che sarebbe tornato Radu e con il club ne avevo già parlato. Ho vissuto un sogno, mai da bambino lo avrei immaginatoHo condiviso lo spogliatoio con grandi campioni e non smetterò mai di ringraziate Zhang, Marotta e Piero (Ausilio ndr)”.

Adesso, così, l’italiano è in cerca di una nuova sfida: “Ma serve qualcuno che mi voglia!”, ride.

Sicuramente è la lunga esperienza sulla panchina dell’Inter, senza mai giocare, a non aiutare. Vita da terzo portiere: “So che non sarà facile trovare una squadra – ammette – ma non ho la presunzione di diventare di colpo protagonista. So quale è stato il mio ruolo negli ultimi anni e credo che rimarrà quello”. Ha 37 anni, guai però a parlare di ritiro: “Non ci ho proprio pensato, sto meglio adesso di quando ne avevo 20!”.

Per l’esperienza in nerazzurro, però, il portiere non usa nient’altro se non parola al miele: “Amemoria non sono neanche mai andato vicino a giocare”. A chi gli chiedeva: “Come fai ad essere contento?”, la risposta usciva immediata: “Cavolo, faccio la cosa che mi è sempre piaciuta fin da bambino! Mi godevo tutto come un ragazzino”.

Il terzo portiere è fatto così: “L’ego è una brutta bestia. C’è un obiettivo superiore, cioè che la squadra vinca – spiega Tommaso – poi c’è la passione, per il ruolo e nell’aiutare i compagni in difficoltà. Io arrivavo al campo con il sorriso. L’Inter per me era un sogno e cercavo di trasmettere questa gioia”. 

“La voglia di giocare ce l’ho sempre avuta. Ogni martedì arrivavo al campo con l’obiettivo di allenarmi al massimo per giocare la domenica. Anche a 10 anni ero l’ultimo ad andarmene per la disperazione di mia madre”. 

La fama è l’ultimo dei suoi pensieri: “A volte non mi riconoscono neanche, questa è la fortuna di non essere tanto famoso”, scherza. I social li evita: “Li uso solo per ricordarmi i compleanni dei compagni (ride ndr). Avrò al massimo 4 foto di me in campo, per me la vita non è solo calcio”.

Anche se in realtà l’affetto dei tifosi non gli manca, a giudicare dai messaggi che gli arrivano su Instagram: “Speravo de morì prima!. Ok scriverlo per Totti, ma per me mi pare un po’ esagerato”, scherza. 

Mentalità da ultrà dalla panchina

Riflettendo sui motivi dietro tanto affetto Berni afferma: “Forse anche perché è uscita un po’ troppo forte la mia indole ultrà”, ride.

Già, Tommaso ha un record particolare: “Che in pochi potranno battere!”, ci tiene a precisare. In sei anni non ha mai giocato, ma è riuscito comunque a rimediare due espulsioni. Con il Cagliari a gennaio e con il Parma a giugno: “Quando giochi, resti concentrato e non noti nulla – spiega – da fuori, invece, vedi tutto. Accumuli adrenalina che però non puoi scaricare e quando ti ritrovi l’arbitro lì…”. 

Così si è visto sventolare davanti agli occhi due cartellini rossi: “La prima volta sbagliai e chiesi scusa a tutta la terna. La seconda, però, fu eccessiva. Non feci niente di offensivo, ma con lo stadio vuoto si sentiva tutto. Dissi solo un porca t***”.

Peccato che il regolamento interno preveda che, in caso di espulsioni per motivi comportamentali, il giocatore in questione paghi pegno con un regalo alla squadra: “Per questo, dopo la partita con il Parma, andai nello spogliatoio dell’arbitro con fare minaccioso (ride ndr). Gli dissi: ‘Ora mi offri da bere. E fidati che, quando bevo, bevo tanto!’ Scoppiarono tutti a ridere. Ai compagni poi regalai un paio di AirPods”

Lautaro, quando toccò a lui, fece arrivare ad Appiano un pullman pieno di televisori: “Ma io l’ho dato via – svela Tommaso – a casa non lo usiamo mai. E poi era troppo grande!”. Li vorrebbe salutare per un’ultima volta i suoi vecchi compagni, dopo la finale di Europa League non c’è stato modo: “Ma tanto ho ancora tutta la mia roba ad Appiano, quindi ho la scusa per tornarci. Mi piacerebbe organizzare una cena, offro io!”. 

L’arrivo all’Inter

Nel 2014, infine, la nuova chiamata dell’Inter: “Ero al Torino, dove non mi avevano mai dato una possibilità. Chiesi al mio procuratore (Davide Lippi ndr) di poter andare a giocare altrove. Un giorno mi chiama e mi dice dell’Inter: ‘Dai ,non mi prendere in giro, trovami qualcosa. Va bene anche in B’, gli rispondo”.

Chissà, probabilmente qualche trucchetto ad Handanovic lo avrà insegnato: “Non scherziamo, Samir para davvero. Io ho sempre fatto un po’ finta!”, ride.

Tornando indietro vorrebbe fare un altro tipo di carriera? Niente affatto: “Comunque vada sarà un successo, è sempre stato il mio motto. Dispiace lasciare l’Inter, anche perché sono convinto che presto alzerà trofei importanti. Mi mancherà la panchina di San Siro. E io mancherò a lei. Non ci sarà più un matto che esulta ad ogni gol o che si faccia buttare fuori”. 

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