EDITORIALE – Il regno del vizio

Una squadra a breve termine. Fondamentalmente è questa la caratteristica standard di ogni Inter, da sempre. La macchina sembra funzionare sempre per metà campionato, poi si inceppa clamorosamente. Con allenatori diversi, con giocatori diversi, con modalità diverse: il risultato non cambia.

FALSE SPERANZE

Ogni anno la squadra sembra più forte dell’anno precedente. Quest’anno c’era la faticosa conferma di Perisic, l’arrivo del pupillo Nainggolan, l’arrivo di De Vrij e quello di Vrsaljko. Senza dimenticare Politano, Keita e Asamoah. Ah, e anche Lautaro! Ma cosa è cambiato? A livello tecnico qualcosa. A livello tattico pure. A livello caratteriale poco. Anzi, niente. Arriva gennaio e si spegne la luce. Dove si trovano le radici di questo male? Secondo alcuni nella panchina. Secondo altri nei giocatori. Forse nella testa dei giocatori. Perché è vero, alla lunga sono emersi gli evidenti limiti tecnici dei vari Vecino (gol decisivi a parte, resta il nulla), Gagliardini o Dalbert, ma il problema è nella testa. Per fortuna non di tutti, ma ancora di troppi interpreti di questa rosa.

TROPPI MALUMORI

L’Inter è il regno del vizio. Quella squadra in cui appena giochi 10 minuti in meno del previsto c’è un tuo parente, una tua compagna, un tuo agente, un tuo amico, pronto a sparare a zero sulla società che non ti ha concesso quei 10 minuti. Perché magari alla squadra serviva altro tatticamente o perché in quel momento c’è un compagno più adatto di te nel tuo ruolo. Ma no, questo non conta in una squadra. In una squadra come questa sembra contare solo il singolo, l’aumento d’ingaggio, il mal di pancia di giocatori scontenti anche sono diventati la brutta copia di loro stessi, con un dinamismo più alto nella vita fuori dal campo piuttosto che nel rettangolo verde. Eppure parliamo di una squadra saldamente terza e in linea con il suo obiettivo: ma è vietato sedersi, perché sappiamo bene quanto sia facile perdere la bussola quando si spegne la luce.

Allora diciamocelo chiaramente: Spalletti potrà avere delle colpe tattiche o dei limiti di gestione ma in campo ci vanno sempre quei giocatori che al posto di pensare al bene dell’Inter hanno sempre lo sguardo orientati verso il proprio io. E così non va.

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