Caro Astori, non c’è derby che tenga…

Davide Astori ieri ha sconvolto la nostra mattinata, facendoci presagire che sarebbe stata una domenica calcistica differente, con buona pace del derby di Milano. Della sua storia, della sua importanza, della sua lotta Champions. Ammetto una colpa: lì per lì ho pensato con rammarico al fatto di non poter gustare probabilmente la partita più attesa dell’anno, di non poter vivere le sue emozioni.

DOMENICA SENZA DERBY, IL CALCIO SENZA ASTORI

Mentre ero in fila per il seggio ho avuto la conferma sulle mie varie chat disperatamente attive, come se parlare di questa disgrazia contribuisse a lenirla, a renderla accettabile. Non si sarebbe giocato, tutto rimandato, tutto sospeso. E senza certezze sulle date dei recuperi. Ma era giusto così.

Il calcio aveva appena perso un suo protagonista principale, un calciatore, per giunta capitano, un nostro Nazionale. Stringersi reciprocamente, per i diretti interessati, è stata l’unica opzione. Non una scelta, ma un istinto, un dovere, un obbligo morale verso un amico, un collega, un avversario leale. Il senso di immedesimazione si è espanso, ha pervaso gli animi di coloro che, magari, sognavano una notte di lotta e di gloria, un sussulto per risorgere, un colpo per innalzarsi ancora.

No, una notte senza derby non è un incubo, non è un rammarico, né una sciagura. E’ un segnale, è un piccolo sacrificio per rispettare e onorare chi non ha scelto di sacrificarsi. Chi si è addormentato con la certezza di alzarsi, di andare a recuperare le scarpe nella camera di un compagno e di scendere a fare colazione, inizio della solita, ma mai stancante e banale, preparazione al match.

Non sappiamo chi abbia scelto di sacrificare Astori, se un’entità sovrannaturale, il caso, Dio, il destino. Non sappiamo ancora con precisione per quale ragione inerente al corpo umano il suo cuore abbia smesso di battere. Non sappiamo perché ci sarà l’intera vita di una bambina senza l’amore del padre che l’ha messa al mondo. Non sappiamo chi darà il coraggio ad una giovane compagna che si ritrova costretta a far capire alla sua bambina perché sentiranno più freddo da qui in avanti, anche se marzo è iniziato e Burian e la neve sono già solo un ricordo.

Il derby si giocherà, i tifosi si godranno il loro spettacolo, con ritardo certo, ma c’è chi da ieri sente un vuoto che durerà a lungo e mai sarà colmato. Una famiglia senza figlio, fratello, marito e padre, una squadra senza guida, senza faro, una tifoseria senza beniamino, senza un riferimento. Per questo ieri sono stato contento di aver visto, salvo ostinate eccezioni fiere di esser tali sempre e comunque, un’uniformità di sentimento e di valore che mi ha riempito il cuore, che mi ha reso felice di essere un tifoso, uno spettatore, un giornalista appassionato di questo sport. Anche senza partite, senza LA partita.

Purtroppo c’è voluto il volo di Astori, una nuovo angelo nel cielo.

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