IL CANTO DI NATALE – Il futuro Immanente

Certo una botta così il Biscione non ricordava di averla mai presa, era di nuovo raggomitolato tra le coperte, perplesso, frastornato, impaurito, anche se in qualche maniera rincuorato.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma all’uomofronte o per meglio dire il secondo spirito, aveva creduto ciecamente e le parole gli risuonavano così reali, così evidenti.

Non passò molto che un ultimo modello di Volvo (che magnifico contratto gli uominicravatta avevano strappato con quella casa…) XC3000Evolution elettrica, a guida autonoma, park assist e ogni alta diavoleria ultramoderna si parcheggiò accanto al suo letto.
Una portiera ad ala di gabbiano si spalancò e dall’auto ne uscì una luce abbagliante, luminosa come il sole, calda e accogliente come una coperta, che impediva di mettere a fuoco la figura che ne era seguita.
Uno spirito rarefatto da cui, a seconda del modo di muoversi, si potevano scorgere le spire e una maglia a strisce.
Il Biscione tentò più volte di fissarlo, ma il bruciore agli occhi e le lacrime che ne seguivano lo costringevano a spostare lo sguardo al pavimento, ma non volle farsi trovare impreparato: “Io signor Spirito, vorrei invitarla, se permette, ad un magnifico spuntino con involtini primavera, spaghetti di soia, gamberi al vapore, insalata di alghe, nuvole di drago e altre prelibatezze che eleganti camerieri opportunamente schiavizzati stanno preparan…”.
Non riuscì a terminare la frase che si sentì prendere per le spalle e scrollare come fosse uno straccio impolverato e sentì una voce ipnotica, potente e profonda: “Riprendeti, RIPRENDITI, RIPRENDITIIII…non è possibile tu abbia dimenticato tutto, abbia abbandonato e perso te stesso fino a questo punto. Io sono te, Io sono il tuo futuro imminente e immanente. Sono ciò che eri e dovrai essere, sono dentro di te nascosto in qualche angolo e se vorrai tirarmi fuori non ci sarà Natale più bello”.
Lo trascinò in macchina e il pilota automatico impostò Via Giuseppe Mengoni 4, Milano: Ristorante L’Orologio.
Scesero, il locale era deserto eccetto una grande tavolata di 43 persone che avevano ammucchiato una pila di maglia dalle righe rosse e nere e come tovaglia avevano un enorme drappo nerazzurro.
Lo Spirito prese una bottiglia del miglior vino, verso il contenuto in due calici di cristallo veneziano poi attese: “Ora dimmi se vuoi brindare a me, a noi, a loro indicando quei 43 distinti signori, se vuoi farlo per te…”. Prese fiato e riattaccò: Io sono un figlio del mondo, io sono i colori della notte sullo sfondo d’oro delle stelle, io sono un artista e sono un innamorato del bello”.
Lo Spirito cercava di dare tempo al Biscione di ascoltare e ricordare, cercava una reazione, un moto d’orgoglio: “Io sono di più. Io sono il Ribelle, il Diverso, il Contrario, io sono la lucidità e la follia, io sono l’Amore, la Lotta, la fresia e l’incudine, il Guerriero e il Romantico“.
Di sottofondo il Biscione poteva distintamente sentire il coro di 80000 anime che faceva da megafono a milioni di voci e davanti agli occhi gli scorrevano immagini in 4K di ombre sudate, felici, tristi, soddisfatte, con le ginocchia sbucciate, i capelli scompigliati e i calzoncini logori. Poteva vedere rovesciate, colpi di tacchi e doppi passi che in dissolvenza lasciano posto a interventi al limite del codice penale, abbracci, scontri.
Lo Spirito Alter Ego continuò: “Torna te stesso! Non sarà facile, ma solo tu puoi decidere di non essere più tu…Dovrai distruggere il mostro Ausilicus o almeno lasciartelo alle spalle, dovrai superare assurdi presidenti, vicepresidenti bambini, uominicravatta pronti a tutto pur di mettersi pochi euro in tasca a fine mese, calciatori mercenari, uomini senza anima e senza palle. C’è chi ti vende per pochi spiccioli, altri ti irridono perché nessuno ti difende, altri ancora vogliono farti credere che il problema sia il Natale, una cena o una scambio di auguri. Perché sono vittime e carnefici, pusillanimi e vigliacchi, sono Bastardi Senza Gloria. Dovrai abbandonarli, superarli, scavare dentro di te e trovar campioni, ma ancor prima Uomini”.

Intanto la luce abbagliante si faceva sempre più fioca anche se la voce non smetteva “Riparti, riparti ora. Dal derby, dalla Lazio, da ora. Torna folle amico mio, è l’unica via”.

Il Biscione si ritrovò in lacrime, arrotolato fra le coperte di una fredda notte di Natale, si voltò e non vide nessuna auto, nessuno spirito.
Pensò si trattasse di un sogno, ma si ritrovò ad uscire da un tunnel, la Nord sotto una splendida coreografia intonava il suo nome e in testa non smetteva di risuonargli:
“tu non sei la Vittoria, tu sei Leggenda”

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