I 37 anni dell’Acchiappasogni: auguri a Julio Cesar, il portiere della Pazza Inter

Un flash. La linguaccia a Ibra prima del (scandalosamente immaginario) rigore per il Milan. Derby di ritorno, stagione 2011-12. 1-0 per l’Inter, quando il Milan si inserisce pericolosamente in area con Boateng: il ghanese si allunga un centimetro di troppo la palla, Julio Cesar gliela sradica dai piedi e Boateng cade. Non c’è contatto, ma per l’arbitro è calcio di rigore. Julio non vuole andare in porta, per protesta. Sul dischetto si presenta Zlatan Ibrahimovic, una vecchia conoscenza. Solo che ora è dall’altra parte, quella diavolesca, quella rossonera. Allora Julio lo va a stuzzicare, gli fa le smorfie e poi quella linguaccia, come a dire “tira tira, tanto te lo paro“. Ma Zlatan è freddo e insacca. Julio sorride, non poteva distrarre uno dei migliori centravanti al mondo. Però quella linguaccia è storia, è sintomo della fragilità umana di questo robot, che in porta non falliva un colpo: quella linguaccia significa paura e speranza, amarezza e determinazione. Significa tutto.

In panchina: Julio Cesar

Altro flash. Messi calcia a giro, di mancino. Appena fuori area. Di gol impossibili ne ha fatti, quel tipo di conclusione è una formalità, la rete è sicura. I tifosi nerazzurri trattengono il fiato, quasi rassegnati che la sfera andrà a depositarsi soavemente in fondo alla porta. Quasi si sente il fruscìo delle corde bianche che ondeggiano, risuona il fischio del direttore di gara che indica il centro del campo. I blaugrana stanno quasi per esultare, questione di attimi. Poi sbuca. All’improvviso. Come Batman, come l’Uomo Ragno, come Superman. Come un supereroe. Quando tutto sembra perduto, ecco che giunge in tuo soccorso. Non lo fanno apposta, i supereroi, ad arrivare all’ultimo. Ce l’hanno nel sangue. Arrivano esattamente quando devono, per evitare il disastro. Non un secondo prima, non un secondo dopo. Il volo di Julio Cesar è impressionante, quella parata fisicamente inspiegabile. Vede arrivare la palla e con un colpo di reni si butta alla sua destra per tentare di deviare quel pericolo saettante. La sfiora con la punta delle dita, quel tanto che basta per separare gioia e sconforto. Dagli spalti due braccia si allungano, con un senso di felicità, sollievo e orgoglio. Spunta una biondina coda di cavallo. E’ la moglie, sposata nel 2002.

Nel 2010 fu acclamato come miglior portiere della Champions League e per cinque anni consecutivi, dal 2007 al 2011, è stato inserito nella top ten del ruolo, risultando uno dei migliori del mondo. Per un anno, quello magico, probabilmente il migliore di tutti. Di parate fantastiche ne ha fatte. Ma così tante che è impossibile ricordarsele tutte. Sono da rivedere, in loop, come un mantra visivio. “Memento“, questo è il portiere della Pazza Inter. Perché, in fondo, pazzo deve esserlo anche lui. Pazzo a coprire quel ruolo, saltando da un palo all’altro con capriole e leggiadrie degne di Nuryev. Dai tempi dell’Inter hai un soprannome. Acchiappasogni. Perché tu scacciavi gli incubi dai sonni nerazzurri. Li fermavi, li intrappolavi nei tuoi guanti magici. E magari avresti potuto continuare, con la tua vitalità, l’entusiasmo, il tuo essere brasiliano atipico, pazzo e sobrio al tempo stesso. Auguri per i tuoi 37 anni, Julione. Tu, i tuoi sogni, li hai acchiappati tutti.

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