Più sono grandi, più fanno rumore quando cadono

Mourinho via, dalla squadra che forse ha più amato nella sua vita: il Chelsea. Tanti, forse troppi, dopo l’addio di Mou, si sono concessi grosse e grasse risate. Il portoghese, dopo aver ottenuto un terzo posto prima e un primo posto poi, viene mandato a casa per essere, dopo quasi metà campionato, ai margini della zona retrocessione.

Mourinho si è sempre dimostrato un combattente, uno che non molla mai, uno che se ne frega di ciò che la gente dice di lui. Ed è forse per questo che, una volta raggiunto il punto più basso della sua carriera, tutti gli anti mourinhani hanno alzato la cresta. Come se un tonfo bastasse a far dimenticare di come abbia realizzato due Triplete in due anni col Porto (non lo United o il Bayern Monaco), di come abbia portato (e poi riportato) il Chelsea a livelli inizialmente impensabili, di come abbia innalzato l’Inter sul tetto d’Italia e d’Europa nello stesso anno, di come abbia fatto vincere di nuovo dei trofei a Madrid, sponda Real, dopo anni di magra. E’ uno che o si ama, o si odia. Ed è forse per questo che troppe primedonne al Chelsea non hanno saputo apprezzarlo: uno che dice le cose di petto, che non si nasconde dietro qualunquismi e frasi stereotipate, è difficile da non odiare. Gente del calibro di Zanetti, Cambiasso, Lampard, Terry, Xabi Alonso, gente con esperienza e attributi, non ha mai avuto nulla da ridire sugli atteggiamenti di Mou, anzi, va sottolineato come abbiano sempre ammirato la sua lealtà e il suo affetto verso i colori della squadra in cui si trovava e verso i giocatori.

Certo, sei praticamente in zona retrocessione ed è più facile cambiare l’allenatore che cambiare una squadra intera. Ma è paradossale come una sconfitta con la prima in classifica possa pesare più di una sconfitta in Coppa Italia con lo Spezia: squadra tosta e orgogliosa lo Spezia, certo, ma non ai livelli di una Roma che (almeno teoricamente) combatte per lo Scudetto da tre anni a questa parte.

Ed è ancor più incredibile come ogni volta che ci sia una caduta di Mou, la conseguenza sia un eco mediatico incredibile, in Italia e nel mondo. Perché quando uno dei più grandi (se non il più grande) inciampa, il tonfo fa più rumore. Ma la grandezza sta nel rialzarsi e nell’arrivare più in alto di prima, come dopo il primo addio al Chelsea: piccola pausa, poi trionfi su trionfi con l’Inter. Magari i più nostalgici già sogneranno di nuovo la staffetta Mancini-Mourinho, ma i nerazzurri godano dei prodigi del Mancio, che ha saputo ridare mentalità vincente a una squadra che l’aveva persa da anni. 

Per concludere, il concetto in sintesi è: abbiate rispetto per chi ha fatto (e sicuramente ancora farà) la storia del calcio, per chi ha cambiato il modo di comunicare con i media, per chi ha lasciato da parte formalità e frasi fatte. Perché che vi stia bene o no, Mou resterà sempre lo Special One.

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