Stankovic: “Non vogliamo parlare di scudetto. Faremo i conti al momento giusto”

Un anno fa Dejan Stankovic aveva una tuta bianconera addosso, il posto alla destra di Andrea Stramaccioni e l’affetto dell’Udinese; ora veste un impeccabile completo d’ordinanza, sul petto lo stesso logo di tanti anni da calciatore, tra coppe e scudetti. Intervistato dal Messaggero Veneto ecco le parole del serbo:

Stankovic, affrontate una tappa importante sulla strada dello scudetto: il sogno della nuova Inter.
«Noi non vogliamo parlare di scudetto adesso. Non ci nascondiamo, sia ben chiaro, sappiamo che, se uno fa parte di questo club, deve avere una mentalità vincente, ma ora non vogliamo farci distrarre da un obiettivo lontano. L’idea è arrivare più in alto possibile, per poi fare i conti al momento giusto della stagione».

Con Juventus-Fiorentina e Napoli-Roma dall’altra parte del tabellone, per dirla in gergo tennistico, l’anticipo Udinese-Inter è però una gara da tenere sotto la lente…
«Sì, ma io ricordo ancora la partita della scorsa stagione: noi dell’Udinese in 9 e in svantaggio, con Perica che dopo il novantesimo ha l’occasione per pareggiare. Credo che l’orgoglio non manchi neppure adesso al gruppo che ha in mano Colantuono».

Peccato fatichi a fare il famoso salto di qualità.
«Credo che questo sia uno dei risultati di questo campionato che vorrei vedere con i miei occhi di “vecchio tifoso”’ dell’Udinese. Non lo dico per fare piacere a qualcuno. I tifosi lo sanno che sono uno vero, che non racconta favole: il rapporto con loro è stato fantastico. Mi dicevano: vai a lavorare in una realtà fredda, dove c’è poco trasporto. Falso: la gente lì mi ha fatto sentire uno di loro».

In spogliatoio Stankovic era un allenatore e anche un amico: il gruppo non è cambiato molto.
«Avevo quel ruolo. Avevo appena smesso di giocare e i pensieri dei calciatori li conosco bene. Spero di averli aiutati con qualche consiglio. Qualche parola nel momento giusto. Per questo adesso, da lontano, mi auguro ancora di vedere il salto di qualità dell’Udinese».

Dicono che abbia poco talento…
«Ma non è vero. Ha talento e valori. Ho salutato all’inizio della scorsa estate gente come Danilo, Karnezis, Piris, Wague… Mi mettete in difficoltà: vorrei non dimenticare nessuno. Widmer! Ha cominciato non bene quest’anno, ma sta venendo fuori alla grande: gli dicevo sempre, “i momenti difficili possono aiutarti a crescere’”. Credo abbia davanti un futuro importante, mi sbilancio volentieri».

Adesso si ritrova dietro una scrivania: sta accumulando esperienze come fece il suo ex collega Leonardo…
«Ricordate cosa vi dissi a Belgrado, nel giorno del mio addio alla Stella Rossa, nell’amichevole con l’Udinese? Una giornata indimenticabile per me. Mi offrirono anche la panchina della nazionale serba. Risposi: grazie, ma devo essere certo di essere il meglio per voi. Così, dopo l’esperienza da allenatore a Udine, ora mi sto mettendo alla prova come dirigente all’Inter, in una grandissima. Sono il club manager che lavora gomito a gomito con professionisti del calibro di Mancini, il ds Piero Ausilio. E puntiamo in alto».

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