Anche se a piccoli passi, qualcosa sta cambiando: il binomio Mancini-vittoria inizia a dare i suoi frutti

Era necessaria un’impresa ieri per sperare di proseguire la rincorsa all’Europa League. Probabilmente qualsiasi tifoso interista fino a qualche anno fa avrebbe ritenuto blasfema una frase del genere su una squadra che appena cinque stagioni fa era campione di tutto in Italia, in Europa e nel mondo.

A prescindere però da toni malinconici e patetici, l’obiettivo attuale è e resta questo: la qualificazione alla prossima Europa League. L’eventuale raggiungimento di questo traguardo avrà senz’altro anche punti di svantaggio come la possibilità di giocare dei preliminari già in piena estate, le sgambate del giovedì negli angoli più nascosti del continente e, ultima non per importanza, la messa in atto delle sanzioni Uefa per il FFP.

Come sempre bisogna fare però di fronte a un problema, occorre valutare pro e contro di una situazione prima di darne un giudizio definitivo e i vantaggi sarebbero comunque numerosi. Per prima cosa significherebbe aver concluso la stagione con una cavalcata degna del nome che porta l’Inter e si sa che vincere aiuta solo a vincere. Inoltre se quella dell’anno prossima ha le potenzialità per essere la stagione del definitivo riscatto di questi colori, perchè farlo in sordina nel nostro campionato e non azzardare nel voler provare a imporsi anche a livello europeo in una competizione che già quest’anno era pienamente alla portata di questa squadra?

Restando con i piedi per terra, perchè la qualificazione è ancora tutta da conquistare e sicuramente agevole non sarà, un richiamo alla partita di ieri contro la Lazio: in questi mesi di lavoro di Mancini l’elemento che più di tutti è emerso e che indiscutibilmente è alla base della crescita dell’Inter è proprio la mentalità. Un anno fa molto probabilmente una squadra sotto fin da subito contro una straripante Lazio all’Olimpico si sarebbe sciolta sotto i colpi delle frecce biancocelesti Anderson-Candreva e chissà come sarebbe finita.

Sarebbe fin troppo facile additare le recenti vittorie dell’Inter a fattori del tipo “giocare undici contro nove è troppo facile!”. In realtà non è così perchè proprio quando l’avversario si chiude, per scelta o inferiorità numerica, aumentano le difficoltà e i nerazzurri hanno palesemente dimostrato che, tranne rare eccezioni, nessuno fa movimento senza palla. Altro dettaglio: il fatto di trovarsi gli avversari con due espulsioni, soprattutto se queste sono sacrosante, è senz’altro merito dell’atteggiamento propositivo e offensivo che Roberto Mancini ha dato alla squadra perchè le dinamiche di gioco sono sempre pura conseguenza del modo con cui le squadre interpretano la partita.

L’Inter peraltro ha quel potere magico secondo cui anche in 11 contro 9 è impossibile che non si faccia fatica, soprattutto dopo il rigore parato da Berisha che ha caricato e non poco la squadra e tutta la tifoseria che fino al minuto 84 ha creduto davvero nell’impresa di fare punti nonostante la doppia inferiorità di uomini. Paradossalmente poteva essere lo stesso copione di Inter-Chievo di domenica scorsa con la differenza che la Lazio non aveva uomini oltre la linea della palla, ma nove dietro comunque sì. L’inerzia della gara era anche a vantaggio della squadra di Pioli per l’euforia del penalty fallito da Icardi e della proverbiale fretta che aveva l’Inter nel cercare la vittoria a differenza dei biancocelesti che pur con la sconfitta sarebbero rimasti pienamente in corsa per il secondo posto.

E proprio qui emerge quell’impronta del Mancio che è alla base di ogni vittoria: attaccare, attaccare, attaccare. Perchè se la palla ce l’hai tu l’avversario non può far male, perchè se attacchi senza arrenderti fino alla fine prima o poi l’occasione si può creare, perchè se ci credi alla fine ce la fai. “Memento audere semper” diceva l’esteta Gabriele D’Annunzio. “Ricorda di osare sempre”, perchè solo chi osa rischia di diventare grande davvero. 

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