La rivoluzione-Mancini paga: stanno tornando mentalità da grande squadra e voglia di vincere

Può sembrare banale osannare un qualsiasi operato quando questo ottiene i risultati attesi, ma di fatto è così. Nella partita vinta ieri dai nerazzurri contro la Roma si è vista non per la prima volta, ma sicuramente nella maniera più evidente, la dimensione che Roberto Mancini ha cercato di infondere a questi ragazzi dalla prima settimana di lavoro a fine novembre scorso.

Per quanto i giallorossi abbiano disputato un girone di ritorno in netta flessione, resta comunque un’ottima squadra e una big del nostro campionato ancora in corsa per un piazzamento nella prossima Champions League. L’Inter ha dimostrato ancora una volta che se riesce a far rendere al meglio tutto il proprio potenziale ha da invidiare ben poco alle altre rose di questa Serie A. Poi si sa che nel calcio moderno tutto si fonda su come imposti la partita e così ti ritrovi a reputare stretto un pareggio 1-1 allo Juventus Stadium o a ritenerti quasi fortunato per aver ottenuto lo stesso risultato in casa con il naufragato Parma.

Già nella gara d’andata, quando però la Roma era forse al massimo della propria forza e fiducia, l’Inter del Mancio aveva dimostrato di voler mettere in campo gli attributi restando in partita praticamente fino al 90′ e al definitivo gol del 4-2 degli avversari. Nell’arco di questi mesi la mano di Mancini è stata evidente da tanti punti di vista, inutile negarlo, sia nelle vittorie che nelle partite più deludenti in cui però quasi sempre la squadra ha lottato come raramente si è visto nelle ultime sfortunate stagioni.

Certo, per l’ennesima volta la partita ha rischiato di cambiar volto dopo una sbavatura difensiva che ha spianato la strada al pareggio di Nainggolan. Per fortuna è stato solo un episodio, visto che il tecnico jesino sembra aver trovato la quadratura del cerchio lì dietro grazie a un Vidic finalmente in versione Muro e con un Juan Jesus che come terzino di contenimento sembra paradossalmente rendere di più rispetto al suo ruolo naturale di centrale.

La lucidità di dare a Gnoukouri le chiavi del centrocampo vista l’assenza di Medel si è rivelata azzeccata, con l’ivoriano che sembra giocare con una disinvoltura tipica di giocatori navigati e non di un classe 1996 appena alla terza presenza in prima squadra. Anche la scelta di premiare la crescita esponenziale di Hernanes (seppur a scapito di Shaqiri) ha dato i suoi frutti visto che il Profeta sta iniziando a mostrare il perchè di quei 20 milioni spessi più di un anno fa per acquistarlo dalla Lazio.

Un’altro aspetto tipico delle grandi squadre è il seguente: tutti, che giochino novanta minuti o appena cinque, riescono a dare il meglio di sè per dimostrare al tecnico il proprio valore. Ed ecco che Kovacic riesce a giocare 19 minuti con grinta e la giusta cattiveria anche in fase difensiva (due ottime chiusure su Iturbe e Doumbia involati verso la porta) e persino il criticatissimo Podolski si rivela vincente con l’assist da biliardo per il gol di Icardi che ha fatto letteralmente impazzire San Siro, come non accadeva da troppo tempo. E se poi il gol arriva anche, una volta tanto, in zona Cesarini, tanto di guadagnato perchè è il segnale più concreto che la squadra ha creduto nella vittoria fino all’ultimo.

Sicuramente a questa Inter non basta una serata isolata per tornare a essere denominata come una grande squadra ma per diventarlo è necessario almeno riconquistare la convinzione di esserlo. 

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