GdS – Dottor Vercelli: “Se ti credi jellato lo diventi davvero, serve il Mancini prima maniera”

Ecco 5 domande della Gazzetta dello Sport al dottor Giuseppe Vercelli, docente di psicologia, sull’Inter e Mancini:

1 Dottor Vercelli, c’è il rischio che – lontanissima dal terzo posto e fuori dalle coppe – l’Inter anche inconsciamente possa abituarsi alla sconfitta? 

“La possibilità esiste, soprattutto se una squadra con quel blasone si ritrova senza obiettivi primari a due
mesi dalla fine della stagione. Il rischio di non trovare i giusti stimoli è concreto. Ma ora la squadra non deve
pensare alla classifica, ma soltanto a cosa porta in campo. Altrimenti diventa un comportarsi per sentito dire”.

2 Come si può combattere questo rischio?

“Con una leadership diversa da parte dell’allenatore e della dirigenza. Se c’è una tendenza alla sconfitta
significa che la squadra pensa più al risultato che alla prestazione, quindi quando va in svantaggio l’obiettivo non è più quello di portare in campo i punti di forza, ma subentra appunto un’ansia da risultato. Mancini deve riportare attenzione sul compito, sul gesto di ciascuno”.

3 Per la verità, nella seconda versione interista il tecnico sembra fin troppo zen.

“E questo, quando è arrivato in novembre per sostituire Mazzarri, è stato sicuramente positivo per restituire
entusiasmo al gruppo e per cementarlo. Forse però adesso serve il Mancini prima maniera. Meno comprensivo e indulgente, più cattivo. Perché anche nella prestazione il risultato deve sempre rimanere sullo sfondo”. 

4 Col Palermo, l’Inter detiene il record dei legni colpiti in campionato. E a Genova non meritava di perdere. Possibile che il gruppo si sente perseguitato dalla jella?

“Anche quello della sfortuna, con i 15 pali cui faceva riferimento e alcuni gol presi allo scadere, rischia di diventare un meccanismo pericoloso. La cosiddetta profezia che si auto avvera: quello di negativo che si genera nella mia mente poi succede per davvero”. 

5 Può avere senso toccare anche l’orgoglio dei singoli, facendo presente che se si molla poi ciascuno perde di valore? 

“Non molto. Così si rischia di sfociare nell’egoismo, di non dare tutto per aiutare i compagni. Servono  biettivi sovraordinati: due nemici che hanno lo stesso obiettivo finiscono col diventare amici”.

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