La Stampa – Inter e Milan vivono di ricordi. Quando la svolta?

Inter e Milan raggiungono il giro di boa a braccetto con 26 punti, occupando l’ottavo posto in classifica e con la zona Champions League attualmente riservata al Napoli e distante già sette lunghezze. Non certo un traguardo brillante perché prima dell’inizio della stagione le due milanesi si erano presentati ai nastri di partenza con idee ben più ambiziose in termini di gioco e risultati, ma poi il campo ha decretato un verdetto giusto per quello visto fino a questo momento.

Stesso cammino, diverso stile. Si perché il Milan ha optato per una politica molto intima e familiare, con il presidente Berlusconi in perenne visita ogni venerdì a Milanello a caricare la squadra e (forse) a suggerire le mosse al novello Inzaghi, mentre il club di Corso Vittorio Emanuele è capitanato da un patron vicino solo idealmente alla squadra ma fisicamente sempre lontano in virtù dei tanti impegni imprenditoriali e commerciali e che si affida ai propri fidati uomini della dirigenza, oltre che ovviamente a Roberto Mancini, per tenere alto il nome del prestigioso club.

Due squadre gloriose che ormai da troppi anni, però, stanno drammaticamente perdendo quell’appeal che le rendeva speciali in tutto il pianeta, con i migliori giocatori smaniosi di ricevere una chiamata per aver la possibilità di indossare una di quelle maglie e giocare in quello stadio ritenuto da molti come tra i più affascinanti del Mondo. Quel globo conquistato rispettivamente sette e quattro anni orsono da Milan ed Inter, ma che da quel momento in poi hanno effettuato una politica basata molto sull’improvvisazione e poco sulla progettualità a lungo termine.

Questo è il grande limite di oggi di questa città, con i tifosi che hanno smesso di sognare da ormai troppi mesi. Il primo passo Moratti lo ha fatto, capendo che per il futuro e la buona salute del club c’era bisogno di cambiare ed affidarsi ad investitori nuovi e con una visione internazionale. Ora spetterà a Thohir non deludere il nuovo giocattolo acquisito e, grazie ad un giusto mix di investimento e lungimiranza, far rifiorire il club in termini economici e di risultati sportivi.

Una politica a cui il Milan non ha ancora aderito perché Berlusconi è troppo innamorato della propria creatura e non ha intenzione di lasciarla. Ma ogni amore ha il suo tempo e, per il bene di tutti, bisogna capire quando è il momento di dire basta ed aprirsi a nuovi orizzonti. Quelli che hanno la caratteristica dell’imprevedibilità e del mistero, ma è proprio in questo particolare momento storico che il fattore rischio deve essere un elemento fondamentale per provare a garantire un futuro più roseo e stabile per il club.

 

 

 

Impostazioni privacy