2014, i tre momenti da ricordare – 2° Posto: L’addio del Capitano e della colonia argentina

18 maggio, ultima giornata di campionato della stagione 2013/2014. L’Inter ha già conquistato l’aritmetica qualificazione all’Europa League grazie alla vittoria della precedente giornata contro la Lazio che ha blindato il 5° posto della squadra allenata da Walter Mazzarri.

Sulla carta Chievo-Inter non ha nulla da dire almeno nell’economia del campionato ma in realtà quella data sarà ricordata da tutti gli appassionati di Inter e non solo perchè quella sera al Bentegodi hanno messo per l’ultima volta piede in campo con la maglia nerazzurra alcuni pilastri della storia di questo club.  I giocatori in questione sono quattro argentini che per sempre saranno ricordati nella leggendaria formazione che nel 2010 ha vinto praticamente tutto: Javier Zanetti, Walter Samuel, Esteban Cambiasso e Diego Milito.  Spesso si dice che i numeri nel calcio abbiano un valore relativo ma quando si parla di grandi campioni sono proprio le cifre a certificare in maniera inequivocabile l’importanza assunta da questi giocatori nel  club di militanza.

Un beniamino dei tifosi è sempre stato Walter Samuel, detto The Wall per la difficoltà incontrata da ogni giocatore avversario nel superarlo in partita e sempre apprezzato da tutti gli addetti ai lavori per la sua capacità di interpretare la fase difensiva e risultare una essenziale guida per tutti i compagni di reparto. La stabilità del pacchetto arretrato fondata sulla sua presenza è stata uno dei punti cardine per il raggiungimento dei grandi traguardi della stagione del Triplete. Unico rimpianto per i tifosi nerazzurri è probabilmente il gran numero di infortuni che spesso ha impedito a Samuel di giocare con totale continuità le sue stagioni in maglia interista ma la sua scelta di non giocare più in Italia dopo il suo addio per non tradire il passato è da romantico e da vero appassionato che ha sempre onorato la maglia dell’Inter nelle 236 “battaglie” di cui si è reso protagonista.

Esteban Cambiasso secondo molti prima o poi sarà un grande allenatore, chissà un giorno forse proprio nell’Inter, la squadra per la quale ha giocato per 10 stagioni totalizzando 431 presenze condite da 51 gol. Tutti gli allenatori che si sono avvicendati sulla panchina nerazzurra durante questi anni hanno apprezzato le doti non solo tecniche e atletiche del Cuchu, ma anche la sua grande visione tattica per cui veniva spesso definito allenatore in campo. Un giocatore di livello assoluto, utile in entrambe le fasi, sempre silenzioso e in grado di adattarsi a ogni schema di gioco proposto, ha lottato  per la squadra affrontando momenti più piacevoli e altri più difficili, ma sempre restando della ferma opinione che i colori nerazzurri fossero ormai la sua seconda pelle. Molti rimpiangono ancora oggi la sua partenza, forse eccessivamente affrettata per il cosiddetto progetto di ricostruzione propugnato dalla nuova dirigenza.

La storia è fatta di grandi nomi sì, ma anche dei trofei e delle vittorie ottenute grazie ai grandi campioni. Con questo ragionamento non si può che pensare a Diego Milito, giocatore che sicuramente ci ha messo lo zampino più concreto nelle vittorie della stagione perfetta con i suoi gol segnati nella finale di Coppa Italia a Roma, all’ultima giornata di campionato in quel di Siena e soprattutto la storica doppietta nella finale del Santiago Bernabeu. El Principe è stato il vero trascinatore di questa squadra nel momento più alto della sua storia recente e a rendere meno dolce questo ricordo per tutti i tifosi ci sono solo i momenti di minor successo da lui vissuti in maglia nerazzurra come la stagione post-Mondiale condizionata da tanti problemi fisici e soprattutto la rottura del crociato rimediata nel 2013  che ha praticamente avviato alla conclusione la magica storia fra il numero 22 e l’Inter, condita di 76 col segnati nelle 171 partite disputate con la casacca nerazzurra.

Concludiamo con l’uomo che più di tutti per durata e valore affettivo ha rappresentato l’Inter negli ultimi anni. Si può affermare che il solo fatto che la maglia numero 4 non sarà indossata da nessun altro giocatore conferma come Javier Zanetti, con le sue 858 presenze in maglia nerazzurra, rappresenterà per sempre questi colori oltre che i più apprezzabili valori legati allo sport e alla passione da sempre trasmessa nella sua lunghissima esperienza milanese da calciatore. Nessuno potrà dimenticare le sue cavalcate da un’estremità all’altra del campo, la sua dedizione tattica, la sua capacità di tenere la palla incollata al piede e quelle reti, poche ma speciali. Basti pensare al gol segnato contro la Roma nel 2008 che avvicinò lo scudetto vinto qualche giornata dopo o la rete segnata nella semifinale del  Mondiale per Club vinto nel 2010. Esperienza che continua ora in altre vesti che non impediranno a El Tractor di fare ancora il bene dell’Inter anche fuori dal rettangolo di gioco.

 

 

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