Zanetti: “Che empatia con Mou e Simoni, ma il nostro ciclo è iniziato con Cuper. Su Samuel, Cambiasso e Milito…”

Classe e onestà, determinazione e sportività, eleganza e senso di appartenenza. Le sue cavalcate resteranno ben impresse negli occhi dei tifosi nerazzurri e degli appassionati di calcio, i suoi record resisteranno a lungo e riempiranno alcune tra le pagine più belle della storia interista. Un calciatore che, ancor prima di ogni considerazione tecnico-tattica, incarna i più alti valori sportivi. Un uomo, una leggenda ed il suo nome è Javier Adelmar Zanetti.

Il suo straordinario rapporto d’amore con i colori del cielo e della notte non si concluderà, di certo, con l’addio al calcio giocato. Per l’argentino è pronto, infatti, un meritatissimo posto da dirigente, molto probabilmente nelle vesti di vice presidente dell’Inter. Il suo compito sarà quella di continuare a rappresentare con fierezza ed orgoglio la maglia della Beneamata.

Ospite sui canali di Sky Sport, per lo speciale Zanetti 4ever, l’argentino ha parlato a ruota libera, partendo proprio dalla sua ultima apparizione al Meazza: “E’ stata una partita speciale, che ricorderò per sempre. Sin da quando sono entrato in campo e durante il riscaldamento, ho potuto ammirare la meravigliosa cornice che mi circondava. Nei minuti che sono riuscito a giocare, penso di aver dimostrato di stare bene ed il mio obiettivo era proprio questo, lasciare con le mie giocate. Ho avuto il piacere, qui all’Inter, di giocare accanto a campioni del calibro di Baggio, Ronaldo e Ibrahimovic. E’ stato un onore“.

Parole al miele per Massimo Moratti, il primo ad aver creduto nelle sue potenzialità e ad avergli dato fiducia: “Al Presidente e alla sua famiglia mi lega un sentimento fortissimo. Lui e suo padre hanno fatto la storia dell’Inter”.

Da un presidente ad un altro, da Moratti a Thohir: “L’importante è che stiamo lavorando insieme per il bene della squadra, abbiamo avuto modo di conoscerci e inquadrare le nostre idee. Ovviamente, in questo momento, c’è gente più competente di me in società, quindi è giusto che io ricopra un ruolo di rappresentanza nel mondo. Con il tempo, imparerò anche a fare altro”.

Con la maglia nerazzurra tanti momenti felici, ma non solo. La rottura del tendine d’Achille e l’assenza prolungata dal rettangolo verde rappresentano una delle prove più difficili che El Tractor ha dovuto superare: “Mi ero ripromesso di ritornare dopo l’infortunio, non poteva finire così. Sono rientrato contro il Livorno e, poi, mi sono sentito sempre meglio. Nel frattempo, ho capito che era giunto il tempo di smettere, anche se è stata una decisione tutt’altro che facile”.

Il 5 maggio e quello Scudetto perso proprio nel finale lasciano ancora l’amaro in bocca: “Non dovevamo arrivare all’ultima partita, bisognava chiudere prima ogni discorso. Non ci siamo riusciti, arrivando in questo modo stanchi all’appuntamento più importante. Da questa delusione, però, siamo usciti più forti”.

Poi sono iniziati ad arrivare i primi successi, culminati con lo storico Triplete del 2010: “Sono molto affezionato al primo e all’ultimo tricolore. Il nostro ciclo, però, è nato con Cuper, anche se con lui non siamo riusciti a regalarci alcuna soddisfazione. Un crescendo che ci ha portati a dominare in Italia con Mancini e, in un secondo momento, in Europa con Mourinho. Mi ricordo molto bene la gara di Siena, ci giocavamo tutto dopo aver già vinto una settimana prima la Coppa Italia. Il gol vittoria è arrivato grazie ad una combinazione tra me e Milito. E’ stata una sofferenza, fortunatamente siamo riusciti a sbloccare il match”.

La finale di Madrid ha rappresentato il coronamento di un sogno: “E’ stata una serata davvero fantastica, difficile rendersi conto di quello che abbiamo vissuto insieme ai nostri tifosi. Era la mia 700esima partita con la maglia dell’Inter e alzare quella Coppa dopo tanta attesa è stato un qualcosa di straordinario”.

Sui suoi compagni d’avventura: Samuel è stato uno dei migliori difensori al mondo, Milito si è rivelato fondamentale per la conquista del Triplete e Cambiasso era il nostro allenatore in campo. Ho instaurato un bellissimo rapporto con tutti i giocatori arrivati all’Inter in questi anni: Zamorano, Cordoba, Batistuta, Baggio, Giuly, Vivas, gli argentini. E, poi, non credete quando dicono che non andavamo d’accordo con i brasiliani, ad esempio Maicon è sempre stato simpaticissimo“.

Dalle parti di Appiano Gentile, sono transitati tanti allenatori: “Ho subito sentito una grande empatia con Mourinho e Simoni, con i quali mi sento spesso. Contro la Dinamo, in Champions, Josè ci disse di osare e provare a vincere la partita, mettendo cinque punte. Riuscimmo a qualificarci e a passare alla fase successiva.  Benitez, invece, è stato sfortunato. Ha dovuto fare i conti con diversi infortuni, senza riuscire a schierare per tanto tempo la stessa formazione”.

Una battuta finale anche sull’idea di ritirare la maglia numero 4: “Per me sarebbe un grande onore, ma è una scelta che spetta alla società”.

 

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