Cambiasso: “Non sono vecchio, continuerò a giocare! Non ho ancora parlato di rinnovo, ma in Italia per me c’è solo l’Inter”

Intervistato da Andrea Sorrentino per Repubblica, Esteban Cambiasso ha parlato della sua avventura in maglia nerazzurra, tra passato, presente e futuro. Si parte dalla questione rinnovo, con il Cuchu che parte all’attacco: “Mi vede forse allarmato? Preoccupato? Angosciato? E’ fine marzo, ho il contratto in scadenza e non ne ho ancora firmato un altro, eppure sono così sorridente e lei non se lo spiega eh? Guardi, l’unica cosa che mi allarma davvero è perdere la domenica…”.

Prima cosa, Cambiasso: lei è qui dal 2004, ha giocato 307 volte in campionato e 423 in assoluto con la maglia dell’Inter, quindi potrà confermarci che il livello della serie A in dieci anni è crollato, no?

“Inutile girarci intorno: il livello del gioco lo fanno i giocatori. Ci possono essere anche gli allenatori più bravi del mondo ma la differenza è data da due cose su tutte: le qualità tecniche e la capacità di leggere il gioco, caratteristiche dei più bravi. Se ci sono meno campioni, il livello si abbassa per forza. Se non altro la serie A non perderà mai l’intensità agonistica, quella te la dà la gente perché qui conta solo vincere, del divertimento non frega niente a nessuno ed è una mentalità con cui conviviamo tutti i giorni, in Italia. Ci sarà un perché se Machiavelli è nato qui, no? Comunque i problemi economici dei club non sono un fatto nuovo, in fondo è da quando sto qui che esistono”.

Ossia?

“Da quanto un club italiano non porta via a un importante club straniero il suo miglior elemento? Forse dai tempi di Ronaldo all’Inter, 1997. E tuttora la Juve non può pensare di prendere il numero uno del Real, mentre il Real può pensare tranquillamente a Pogba. E guardate che anche l’Inter del Triplete in fondo fu creata con giocatori che i grandi club non volevano più: il Real negli anni mollò me, Samuel e Sneijder; il Barcellona Eto’o; il Bayern Lucio… e lo stesso Milan prese i vari Ronaldinho e Robinho mollati da Barça e City… Per dire che certe dinamiche sono in atto da tempo, solo che adesso se ne parla perché non arrivano più i risultati. E badi bene, se mi sentissi straniero non mi permetterei di dire certe cose: le dico perché ormai mi sento italiano”.

Ha più nostalgia dell’Italia quando va in Argentina o il contrario?

“Eh siamo lì”.

Parliamo di sentimenti, dunque: in cosa è consistita l’unicità di Moratti per voi?

“Nel fatto che è difficile isolarlo dalla storia della sua famiglia e dell’Inter, non è solo Moratti ma tutto quello che c’è intorno a lui. E’ un rapporto che si è creato negli anni, difficile spiegare perché sia stato unico. Lui ha sempre pensato che l’Inter fosse parte della sua famiglia. Prendete sua sorella Bedy: è stata tutti i giorni con noi per anni, in tutti i ritiri e in tutte le amichevoli, come una sorella che ci dava sostegno. E ho due immagini di Moratti incancellabili: una è qui alla Pinetina, una sua foto da adolescente col padre; l’altra è lui che veniva qui il sabato pomeriggio, durante la nostra rifinitura, e palleggiava con un nipotino… Ci ha resi tutti parte della sua famiglia, alla fine, il che ha aumentato le nostre responsabilità perché capivamo quanto ci tenesse”.

Rimaniamo nel campo delle emozioni: dunque sta finendo anche il vostro ciclo?

“I cicli finiscono, è la vita, è naturale. Poi avverto in giro questa necessità di far smettere tutti quelli che hanno vinto tutto con l’Inter e vabbè…”.

Dicono che sia per un contenimento dei costi.

“Quando leggo che l’Inter risparmierà coi nostri contratti cosa vuol dire, che il prossimo anno ci saranno 15 giocatori in rosa? Non rimpiazzano quelli che vanno via? Se vanno via in 8 ne devi prendere altri 8, no? A quel punto voglio vedere dove sta l’enorme risparmio. Vedo che tutti hanno questo problema di risparmiare, mah…”.

Comunque lei per ora non ha sentito nessuno del club, conferma?

“Non ho parlato con nessuno della nuova proprietà, no. Ma non ho niente con nessun’altra società. Vivo giorno per giorno e aspetto. Ciò che mi fa felice è giocare al calcio e continuerò, questa è la certezza. Le risposte che ho dal mio corpo mi rassicurano. Quest’anno sono a quota 24 partite, ne ho giocate quasi sempre oltre 40 all’anno coppe comprese. Forse è per questo che c’è chi si è stancato di me, vedono la mia faccia tante volte. La gente associa le presenze all’età: pensano che io sia molto più vecchio di Pirlo o Xavi e non lo sono mica. Io ho 33 anni: faccia il giro negli altri campionati e vedrà che è pieno di miei coetanei. All’Inter ne abbiamo già preso uno di 32 anni (Vidic, ndr), con 15 titoli vinti a Manchester proprio come me… “.

Si configura il reato di pregiudizio sugli anziani, dunque?

“Anche sui giovani. E’ un problema concettuale: non si riesce a capire che questo è un gioco e c’è chi lo gioca bene e chi male, ma questo non lo decide la carta di identità. Uno di 19 anni o di 33 non ti fanno perdere o vincere una partita a prescindere, sennò tutti manderebbero in campo giocatori di 28 anni. Poi l’età a un certo punto conta perché le partite si soffrono sempre, mica finiscono tutte al 40′ sul 3-0 per te: se si giocassero senza soffrire Pirlo potrebbe continuare fino a 70 anni, ma purtroppo non è così”.

Una delle polemiche su di lei è l’eterna amicizia con Zanetti, siete in simbiosi e a volte vi sovrappongono…

“E invece abbiamo sette anni, dico sette anni di differenza. Io non sono uguale a lui, siamo due persone diverse e io sono più giovane… Però è mio amico, che male c’è? Non scelgo i giocatori in base all’età, vuole che lo faccia con gli amici?”.

Beh almeno quest’anno senza coppe lei si è riposato, le si è allungata la carriera…

“Macché. Ho sempre giocato le coppe e vorrei farlo ogni anno. E’ molto più stancante arrivare ottavo o nono in classifica che giocare le coppe, creda a me. Mentre la cosa più appagante in assoluto non è la vittoria, che è effimera: giochi la finale, vinci la partita, alzi la coppa, festeggi e finisce lì. Il bello è il percorso, la strada per arrivarci: quello è il meglio, la cosa che ti appassiona e che ti fa vivere. Io ho avuto tutto questo, sono stato fortunato: mi manca solo un Mondiale ma sarei un ingrato se reclamassi”.

Se l’Inter non le offrisse il prolungamento, lei potrebbe approdare in un altro club italiano?

“Per come sono fatto, sarebbe impossibile. Non riuscirei ad ascoltare una proposta di altri club, ma mica perché non li rispetto. Qualsiasi cosa accada nei prossimi mesi o anni, la mia storia più bella da calciatore, la mia storia d’amore, l’ho vissuta qua. Non potrei immaginarmi altrove, non vivrei mai altrove una storia simile. Non oso immaginarmi a sfidare l’Inter per lo scudetto, o addirittura in un derby… per carità”.

Quanto fra cent’anni smetterà, farà l’allenatore?

“Non so, vedremo, di sicuro il calcio è la mia vita e ci rimarrò. Ho avuto tanti allenatori, da Menotti a Del Bosque a Mancini, Mourinho… Vorrei prendere qualcosa da tutti loro. In particolare Mancini, Mourinho e Leonardo, che qui fece un ottimo lavoro”.

Ma Leonardo ancora non ha deciso se vuole fare il dirigente o l’allenatore, non dovrebbe sciogliere la riserva prima o poi?

“E perché? Nell’indecisione, come dice lei, nel frattempo ha allenato Milan e Inter, è stato direttore di tutto al Psg, e oggi che ha deciso di diventare allenatore magari avrà dieci club che lo vogliono. Lui è versatile e ha l’intelligenza per affrontare diversi ruoli: la vita è una, se la passione ti porta a fare dirigente o l’allenatore o tutti e due, come fanno in Inghilterra, perché negarsi il piacere?”

 

 

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