Icardi: “Ho passato cinque mesi difficili, ma ora sto bene. I tifosi mi amano perchè…”

Torna a parlare Mauro Icardi e lo fa in un’intervista concessa in esclusiva al Corriere della Sera. Ecco le sue parole:

È stata dura la marcia di avvicinamento per trovare il posto in squadra?

“Per me la stagione è appena iniziata. Ero partito forte, con la traversa con il Genoa e i gol con Juve e Cagliari. Pensavo che con Palacio e Milito avremmo fatto grandi cose, invece sono arrivati la pubalgia, l’intervento chirurgico, cinque mesi non facili. Adesso sto bene, riesco ad allenarmi e cerco di rendermi utile”.

E adesso dove può arrivare l’Inter?

“Non lo so e non ci penso. L’obiettivo è di arrivare il più in alto possibile, ma vivendo alla giornata. Gara dopo gara”.

Mazzarri è un perfezionista o un rompiscatole?

“Sicuramente un perfezionista. Non lo conoscevo, ma tutti me ne parlavano bene, soprattutto gli attaccanti che lo avevano avuto come allenatore, per la sua capacità di farli rendere al massimo. Ho capito che è così, anche se è un vero stakanovista, ma del lavoro. Con lui bisogna allenarsi e so benissimo che devo migliorare in tutto”.

Già, l’allenamento: è un fatto indispensabile per far bene in partita o è soprattutto una seccatura?

“Dipende. La parte atletica a me non è mai piaciuta, anche se so che bisogna farla; la parte tecnica, con il pallone, un piacere. Noi attaccanti siamo fatti così: ci piace giocare, viviamo sui nervi e il nostro è un gioco di scatti; la corsa dovrebbe essere per i centrocampisti”.

Lei appartiene alla generazione che non più tardi di due giorni fa Mourinho ha censurato, perché pensa ai soldi, si guarda allo specchio anche quando chiama l’arbitro e pensa quasi soltanto a Twitter… Ha ragione Mou?

“A me vincere piace moltissimo; allo specchio mi guardo anch’io, ma non quando ci sono le partite e twitter… Sì, è vero, noi giovani lo usiamo moltissimo, ma è il mondo che va su twitter; questa è l’epoca di internet e dei social network. A noi giovani piace comunicare, pensieri, parole e foto”.

All’Inter c’è la vecchia guardia: per voi i veterani rappresentano un blocco o un esempio da imitare?

“Per come si allenano, si impegnano e giocano sono un gruppo da seguire e dal quale imparare”.

Il pubblico dell’Inter è il più esigente d’Italia e forse d’Europa eppure stravede per Icardi. È riuscito a spiegarsi perché?

“Credo che sia stato importante il gol alla Juve, proprio sotto la curva Nord; ero entrato quattro minuti prima e ho segnato subito. Ho capito l’affetto della gente nel finale del derby, quando il mister mi ha fatto iniziare il riscaldamento: mi sono alzato dalla panchina e ho sentito gli applausi della gente. Bellissimo”.

Allora è falso che San Siro è uno stadio che brucia i giovani?

“Io non sento la pressione dello stadio, anche se mi rendo conto che giocare a San Siro non è semplice”.

Aldo Serena, terz’ultimo interista ad aver vinto la classifica dei cannonieri, l’ha paragonata a Rooney, come tipo di giocatore e come parabola calcistica. Ha ragione?

“Non ci ho mai pensato, ma non credo. Il mio modello è sempre stato Batistuta; mi ispiro a lui da sempre e credo di essere abbastanza simile a lui nel modo di interpretare il ruolo”.

Lo stacco di testa è da campione vero. Dove l’ha imparato?

“Credo sia un dono di natura, come si dice in questi casi. Sono sempre stato bravo a saltare e a colpire di testa”.

Un campionato senza rigori per l’Inter: dopo quello che le è capitato in area con Cagliari e Roma cosa pensa?

“Che è un fatto strano, soprattutto per una squadra che attacca molto, ma non tocca a me giudicare e non possiamo farci niente”.

Lei ha vissuto tre anni a Barcellona, prima di venire in Italia: è vero che è il club più organizzato del mondo?

“Si può dire che sono cresciuto nel Barcellona, tre anni alla Masia, la struttura di formazione della cantera blaugrana. Sono all’avanguardia in tutto”.

Adesso c’è l’Italia, eppure fra Italia e Argentina ha scelto di giocare per la nazionale argentina, sebbene ci sia forse più concorrenza. C’è una ragione alla base di questa scelta?

“In Italia mi trovo benissimo, ma la storia mia e della mia famiglia è una storia argentina. Se avessi scelto la nazionale italiana, proprio per il rispetto che meritano le nazionale e l’Italia, non sarebbe stato coerente con la mia vicenda personale e con quella della mia famiglia”.

Che effetto le fa avere un presidente come Thohir, che viene dall’Indonesia?

“All’inizio è stata un po’ una sorpresa per tutti, visto che tutti erano ed eravamo abituati ad avere Moratti come presidente. Ma ormai la globalizzazione è entrata anche nel calcio. E l’Inter in Asia ha milioni di tifosi. Se il presidente ha scelto l’Inter, un motivo ci sarà. E adesso tocca a noi fare bene”.

C’è una curiosità: perché quando arriva all’allenamento va sempre così veloce in auto?

“Io vado piano, è il motore che deve essere tenuto alto di giri”.

 

 

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