Il giorno dei ringraziamenti

Erick Thohir Massimo Moratti maglia 18Notti insonni ad aspettare lo squillo di un telefono o un segno rivelatore della propria coscienza. Mezzi sorrisi volti a mascherare la tensione che abitualmente precede uno storico annuncio. Parole pronunciate a denti stretti come se, emettendo un qualsiasi suono, prendesse forma la realtà e si materializzassero con essa le paure più nascoste.

Il momento tanto atteso è arrivato: davanti ad una folta schiera di giornalisti e addetti ai lavori, Erick Thohir siede accanto a Massimo Moratti, nonostante a dividerli ci sia un oceano di pensieri ed emozioni. L’entusiasmo e la voglia di fare del nuovo presidente da una parte, il cuore tremante e gli occhi mesti del suo predecessore dall’altra; la stanchezza di chi è arrivato alla fine della propria corsa decidendo di passare il testimone e la contrapposta freschezza del suo compagno di squadra sul quale grava la responsabilità di portare a termine la gara.

Il discorso dell’indonesiano colpisce per intensità e fermezza, alimentando le trepidanti speranze del popolo di fede interista e snodandosi tra idee innovative e validi propositi per l’avvenire. Il passato e il futuro si incrociano e si confondono, come se la strada da percorrere per salire in cima fosse sempre la stessa e cambiasse soltanto la guida di montagna. Rassicuranti, concise e al tempo stesso dimesse le parole di Moratti, perso nel ricordo di questi ultimi diciotto anni. Presente fisicamente in sala, ma teletrasportatosi con la mente a quel lontano 25 febbraio 1995, il giorno in cui tutto ebbe inizio.

Il 15 novembre 2013 rappresenta  l’epilogo di questa storia, la cui trama si è articolata tra pagine di grandi trionfi e altre che narrano, invece, di brusche discese. Questo è il giorno dei ringraziamenti: non quelli poco convinti sbandierati nel corso di Inter-Livorno, ma colmi di riconoscenza e di rispetto. Un grazie sincero a chi si è trovato costretto a bilanciare l’ingombrante carica di presidente e la naturale essenza di tifoso, la consapevolezza di dover sottostare alle esigenze economico-finanziarie e la volontà opposta di assecondare i sogni della esigente platea interista. Un pensiero diretto a chi ha avuto il coraggio di discostarsi dalle nefandezze del calcio moderno, rimanendo fedele seguace dell’aspetto romantico di questo sport e concedendoci la possibilità di decantare il nostro orgoglio per questa squadra. Un saluto affettuoso, infine, rivolto a chi si è identificato con i nostri colori al punto da confondersi con essi.

Tutto ha un inizio e, conseguenzialmente, una fine. Nei propri ricordi la foto che ritrae vittoriosi il padre Angelo ed Helenio Herrera, indimenticati artefici della Grande Inter; sul suo comodino quella scattata la notte di Madrid in compagnia di Josè Mourinho.

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