La metamorfosi di Marco Branca

metamorfosi di Marco BrancaUn’altra stagione è giunta al suo epilogo, portando con sé tante incertezze e dubbi legittimi dalle parti di Appiano Gentile. Il crollo verticale fino al nono posto finale, la seconda peggiore difesa del campionato e il record negativo di sedici sconfitte costituiscono i dati principali da cui partire per un’attenta analisi della “catastrofe sportiva” che si è abbattuta sull’Inter.

Il termine “rivoluzione” è entrato da tempo immemorabile nel vocabolario di un’interista medio, degli addetti ai lavori e di tutti coloro che, più in generale, frequentano assiduamente l’ambiente nerazzurro. Un vero e proprio uragano che ha già colpito l’allenatore e potrebbe scaraventarsi con violenza anche su dirigenza e staff medico, risucchiando nel suo vortice le ultime tracce appartenenti ad un passato glorioso, ma ormai fin troppo remoto.

In tanti vengono additati come artefici delle disavventure interiste e di un presente vissuto in apnea. La prima posizione di questa black list è occupata da Marco Branca, su cui piovono quotidianamente le maggiori critiche da parte dei tifosi della Beneamata. La sua decennale esperienza come direttore dell’area tecnica dell’Inter è suddivisibile in due fasi con la stagione 2009/2010 a fungere da spartiacque.

In un primo momento e, più precisamente, fino alla conquista del Triplete, il “Cigno di Grosseto” (suo soprannome da giocatore, ndr) ha contribuito attivamente all’acquisizione di giocatori che hanno scritto pagine importanti nella storia recente della società nerazzurra. Basti pensare a Stankovic, Figo, Vieira, Maicon, Cambiasso, Milito fino ad arrivare alla lungimirante operazione che ha portato Ibrahimovic a Barcellona in cambio di Eto’o e un gruzzoletto da 50 milioni di euro.

Operazioni di mercato come quelle di Jonathan, Rocchi e Pereira hanno contraddistinto, invece, la fase post-Triplete e sono la dimostrazione lampante e insindacabile della metamorfosi cui sembra essere andato incontro il d.t. nerazzurro. Andiamo ad analizzare le possibili cause di questa trasformazione improvvisa.

Una prima differenza rispetto al recente passato è data dalla mancanza di un allenatore-manager che riesca a far valere le proprie ragioni non soltanto ai bordi del rettangolo verde, ma anche in sede di mercato. Prima Mancini e, poi, Mourinho riuscivano a condizionare pesantemente le scelte e gli investimenti societari, assicurandosi la possibilità di schierare gli interpreti giusti per i rispettivi schemi tattici. Il carisma dei successivi tecnici non è stato all’altezza dei predecessori. Gasperini, ad esempio, non ha potuto contare sul tanto richiesto Palacio, poi arrivato con un anno di ritardo; lo stesso si potrebbe dire per Benitez e del mancato approdo in nerazzurro dei fedelissimi Kuyt e Mascherano.

Altro ordine di ragioni è rappresentato dall’assenza fin troppo evidente di un anello che congiunga squadra e società, aiutando l’allenatore nella gestione dello spogliatoio e il resto della dirigenza all’imbastimento di un mercato appropriato. Questa posizione di rilievo prima occupata da Oriali, è rimasta vacante dopo l’addio del Piper per l’inasprirsi delle incomprensioni con lo stesso Branca.

In pochi anni, infine, sono cambiate le condizioni che regolano il mercato e la concorrenza sempre più agguerrita da dover affrontare. Nel 2009 è stato presentato dall’ Uefa il progetto del fair play finanziario che induce ciascuna società a rientrare dai debiti accumulati nel corso del tempo e a valutare con maggiore attenzione i propri investimenti. Per di più l’arrivo di sceicchi dalle risorse illimitate sulle scena europea non semplifica l’operato di chi può disporre di un budget più ridotto. Lucas e Lavezzi sono rimasti soltanto un sogno irrealizzabile spento prontamente dai petrodollari di Nasser El-Khelaifi. Lo stesso è successo per Sanchez e tanti altri giocatori che ora militano nella Liga. Qui le spese folli del Perez di turno sono state finanziate dal sistema delle Banche spagnole sempre più vicino ad un imminente collasso, provocando la crescita di un debito societario superiore ai 500 milioni di euro.

Da Dottor Jeckyll a Mr Hide, da abile orditore di una rosa vincente a primo attore di sceneggiature bizzarre, da oggetto di sperticati elogi a bersaglio della disapprovazione generale. E’ questo “lo strano caso di Marco Branca”.

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