Giacinto Facchetti, 35 anni fa l’ultimo atto di una carriera memorabile

Giacinto FacchettiEra il 7 maggio 1978. Non una giornata di primavera qualsiasi, ma una di quelle date che, inevitabilmente, ti restano ben impresse nella mente nonostante lo scorrere inesorabile degli anni e il sovrapporsi di ricordi piĆ¹ vicini nel tempo. Un gigante dalle lunghe leve e dagli occhi gentili entrava in campo per dire addio al mondo del calcio dopo essere diventato leggenda e aver scritto di proprio pugno pagine indimenticabili nella storia di questo sport. Questo stesso giorno di 35 anni fa Giacinto Facchetti giocava e vinceva la sua ultima partita contro il Foggia e indossava per lā€™ultima volta quella maglietta dai colori nerazzurri portati da lui tanto in alto da permettere che si ricongiungessero al cielo stellato da cui prendono spunto.

Inter-Foggia si chiuse con una vittoria, unico risultato possibile per suggellare una carriera ricca di gioie e successi. Lā€™incontro vide anche un autogol del Cipe, strano scherzo del destino riservato a chi, nonostante il ruolo di terzino, era piĆ¹ abituato a centrare la porta avversaria.

Tutto iniziĆ², invece, il 21 maggio 1961 durante un Roma-Inter. Dopo un inizio in panchina, il “Mago” Herrera lo fece debuttare, raccomandandogli di marcare Ghiggia, neanche lui uno qualsiasi ma fresco vincitore della Coppa del Mondo col suo Uruguay. Nonostante le critiche piovutegli addosso, lā€™allenatore argentino capƬ immediatamente il valore del ragazzo e non a caso scrisse nel suo personale diario “Facchetti, prototipo di 60 gol”, sbagliandosi in fin dei conti di un solo sigillo.

Il “gigante di Treviglio” cambiĆ² le regole del calcio, diventando il primo vero terzino con licenza di attaccare e finalizzare lā€™azione. Tante diapositive, tante istantanee, tante immagini in bianco e nero sono rimaste come testimonianza evidente di una vita esemplare e delle tante vittorie che la contornarono. Come dimenticare la finale di Coppa Campioni contro il grande Real Madrid di Puskas e Di Stefano. Entrati con una paura e un timore reverenziale tangibile, quei ragazzotti terribili guidati dal capitano Picchi ebbero la meglio con un netto 3-1, che dava inizio alla storia di una delle squadre piĆ¹ vincenti della storia.

Tra i ricordi piĆ¹ belli entra di diritto la semifinale europea contro il Liverpool dellā€™anno successivo. Allā€™andata il predominio inglese si concretizzĆ² con un meritato 3-1 e lā€™allenatore dei Reds, giĆ  sicuro dellā€™arrivo in finale, chiese spavaldamente a Herrera informazioni sulla squadra che avrebbe incontrato per la conquista del trofeo: il Benfica di Eusebio. Al ritorno un San Siro in grande trepidazione accompagnĆ² la grande impresa dei nerazzurri, che si imposero per 3-0 e festeggiarono sulle note di “Oh when the Saints go marching in” in segno di rivalsa. Il terzo gol porta la firma proprio di Facchetti, abile a portarsi in avanti per vie centrali, a raccogliere un preciso assist di Corso e a battere con freddezza il portiere.

Quattro scudetti, due Coppe Intercontinentali, due Coppe dei Campioni, una Coppa Italia e lā€™Europeo del 1968 vinto nelle veci di capitano della Nazionale non bastano, perĆ², a ricostruire in modo fedele lā€™immagine di Giacinto Facchetti. Lā€™unica espulsione rimediata nella sua carriera, dopo aver applaudito lā€™arbitro, dimostra la sua estrema correttezza che si estendeva oltre al semplice rettangolo di gioco. Un leone dalla natura tuttā€™altro che feroce ma dallā€™animo cosƬ gentile da sentirsi inadeguato in un calcio che prende le distanze sempre di piĆ¹ dai valori sani dello sport.

Oggi ĆØ il 7 Maggio 2013. A 35 anni dalla sua ultima partita, lā€™immagine di quel gigante dagli occhi buoni che, con la fascia da capitano ben salda al braccio, si invola a grandi falcate verso la porta avversaria, continua ad essere un ricordo unico da conservare gelosamente tra le ā€œpagine sbiadite della nostra memoriaā€.

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