Handanovic: “Il derby è una partita speciale. Abbiamo capito che per vincere dobbiamo…”

Per lui sarà in assoluto il primo derby della Madonnina. Samir Handanovic si prepara all’attesissimo evento raccontando le emozioni della vigilia attraverso le pagine del Corriere della Sera. Ecco le sue parole:

La grande tradizione dei portieri nerazzurri è un peso per chi arriva all’Inter o uno stimolo in più per fare bene?

“Un peso no di certo, semmai il piacere di avere una grande responsabilità. Uno stimolo in più per fare bene, sapendo bene che cosa significa giocare nell’Inter. Ho lavorato molto per arrivare in un club di primissimo livello, adesso devo lavorare tantissimo per vincere con l’Inter”.

San Siro però è da sempre considerato uno stadio molto esigente…

“San Siro è sempre stato un palcoscenico emozionante, quando ci giocavo da avversario; ora avverto un altro tipo di emozione”.

Recentemente ha detto di ispirarsi a Schmeichel oltre che a Buffon. Perchè ha scelto proprio il portiere danese come fonte d’ispirazione?

“Perché è stato un portiere di grande tecnica e di fortissima personalità, due qualità che servono per fare la differenza. Senza dimenticare che Schmeichel ha giocato in grandi squadre, come il Manchester United e ha vinto anche un Europeo con la Danimarca”.

Che cosa significa essere alti 193 centimetri per uno che deve giocare in porta?

“Vuol dire doversi allenare molto nel lavoro a terra; è tutto un problema di postura. Poi c’è sempre da migliorare ed è per questo che l’allenamento è fondamentale”.

Come si diventa un portiere da Inter?

“Io ho sempre lavorato molto. Da quando sono arrivato in Italia nel 2004, ho sempre cercato di migliorare”.

Spesso sceglie il rilancio lungo con le mani. C’è una ragione particolare per la quale sceglie questa soluzione?

“Credo sia il modo migliore per avviare la ripartenza della squadra. Con le mani si può essere più precisi che con i piedi. E poi credo che il mio sia anche un piccolo omaggio alla tradizione slovena: basket, pallavolo, pallamano sono i nostri sport preferiti”.

In carriera ha parato finora 14 rigori su 37. Una qualità naturale oppure il frutto di grandi allenamenti?

“Non mi piace parlare di questo. Dico solo che può succedere quando si vive di calcio e per il calcio”.

Com’è nato il passaggio dall’Udinese all’Inter?

“Era da un po’ di tempo che si parlava della possibilità di lasciare Udine, ma ottenevamo buoni risultati e stavo bene lì. Poi a giugno l’opportunità di partire è diventata concreta; la squadra che mi voleva era molto importante e a 28 anni poteva essere il momento giusto per cambiare. Credo che siamo rimasti tutti contenti: erano d’accordo le due società, ero d’accordo io. Ho cambiato e ho cercato di rendere il cambio della squadra il più soft possibile”.

Le vittorie su Chievo e Fiorentina possono essere state le scintille per cambiare passo in campionato?

“Possibile, ma lo vedremo più avanti. Di certo sono stati due momenti molto importanti della nostra stagione, un buon punto di partenza, perché abbiamo cambiato mentalità e passo. Ho visto l’Inter giusta, nel senso che abbiamo capito che si può vincere soltanto giocando con grande spirito di sacrificio e da squadra. Prima c’era l’idea che in qualche modo avremmo vinto, perché siamo l’Inter. Invece non è così e credo che ora l’abbiamo capito”.

La settimana del derby è stata intervallata dalla trasferta di Baku. È stata una fatica in più o vi è servita a stemperare la tensione?

“Il derby era e resta una partita speciale. E non è un modo di dire, semmai la verità. Al Milan abbiamo cominciato a pensarci da ieri; la trasferta di Baku può essere stata faticosa, per la lunghezza del viaggio, ma la vittoria contro il Neftçi resta il modo migliore per arrivare al derby con lo spirito e con le energie giuste”.

Idee per domani: vinca l’Inter o vinca il migliore?

“È una partita che non riesco ancora a decifrare. Sono curioso anch’io di capire che tipo di gara verrà fuori”.

 

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