Inter-Juve, racconti dalla Nord

Metà pomeriggio, l’orologio segna le 16.30 e già iniziano i preparativi. Dopo anni di Curva penso si sviluppino degli automatismi quasi scaramantici: stessa felpa, stesse scarpe, la sciarpa legata in vita, il giaccone pesante per le partite serali e tanta voglia di sostenere i Ragazzi.

Il viaggio in macchina verso San Siro serve a stemperare la tensione, si ride e si scherza, ma dentro ognuno di noi è annidato il seme della speranza: “Perchè stavolta ci credo, perchè stavolta ci siamo”. E pensare che fino a due anni fa il ritornello era diverso: “Dai che ANCHE QUESTA SERA ce la facciamo, ormai siamo vicini all’obiettivo”.

Ora l’unico vero obiettivo è allontanarsi dalla zona retrocessione, ma nessuno osa ammetterlo. Quando si arriva in zona Piazzale Lotto tutti i pensieri si lasciano spazzar via dall’entusiasmo, dall’adrenalina pre-partita e mentre un fiume di gente si muove verso Piazzale dello Sport la mente vola già sul campo.

Eccolo, lo Stadio Giuseppe Meazza, in tutta la sua maestosità, con le sue torri e le sue luci. Uno spettacolo che toglie il fiato. Ai tornelli c’è il solito controllo di sicurezza, si sentono cori di “No, ho dimenticato di togliere l’accendino dalla tasca” o “Ma devo per forza togliere il tappo alla bottiglietta?”.  Si vedono ancora i poco esperti incastrarsi ai tornelli, accanendosi e strisciando furiosamente l’abbonamento dal lato sbagliato.

Bene, siam dentro… inizia la scalata. Gradini, su gradini, fatti a due a due per la fretta di arrivare in cima alla scala, dove i ragazzi della Curva urlano “Fanzine, 1 euro per la fanzine!”. Quando si senton le loro voci, si sa che manca poco. Eccoci sbucare dalle porte, il campo si stende davanti a noi e la Curva è già gremita di tifosi. Saliamo, solito posto sempre per scaramanzia. Il tempo vola e in men che non si dica, tra un coro e qualche fischio a indirizzo dei tifosi juventini, lo speaker inizia ad urlare i nomi dei Ragazzi.

Ogni volta sentire uno stadio intero che invoca i loro nomi mi dà i brividi. Ora è il turno della Nord, che in men che non si dica mostra a tutto lo stadio la coreografia e, cosa vista di rado, dagli altri settori tutti gli interisti si alzano in piedi ad applaudire. Io cerco di sporgermi, di leggere lo striscione, mentre tengo alto il mio quadratino bianco, sentendomi parte di qualcosa di più grande. I nostri cuori diventano un unico cuore, che batte all’impazzata per 90 minuti.

Col fischio d’inizio partono i cori di sostegno, e al derby d’Italia tutti cantano un pò più forte del solito. Siamo tutti lì, insieme a incitare questa Inter che ci sta facendo soffrire, ma che amiamo tanto. Stiamo giocando bene, dominio indiscusso dei nerazzurri; si sentono frasi di approvazione e la possibilità di portare a casa il risultato si fa più concreta. Il calcio però è imprevedibile, si sa… ecco che arriva il gol degli avversari, degli odiati juventini. Per un momento la Curva si ammutolisce e i 10.000 del settore ospiti esplodono. I capi Curva richiamano tutti all’ordine e si ricomincia coi cori, più forte di prima.

E mentre grido con tutto il fiato, spero che il mio urlo arrivi in campo,vorrei che i giocatori mi sentissero, che sentissero quanto gli sono vicina. Quasi m’avessero sentita davvero, arriva la risposta nerazzurra al 33esimo, con Maicon. In Curva è delirio, abbracci, urla, spintoni, mi sono trovata catapultata due file più in giù senza sapere come. Si riaccendono le speranze, ma ci pensa Marchisio poco dopo ad affievolirle; i bianconeri raddoppiano e il Cuore della Nord per un momento smette di battere.

Tutti si stanno chiedendo la stessa cosa “Dov’è l’Inter del Triplete? Perchè la palla quest’anno non vuole entrare?”. C’è chi si siede con la testa tra le mani, chi si lancia in estrosi insulti in direzione di arbitro e avversari e chi non smette di cantare nonostante tutto. Il tempo scorre inesorabile sul tabellone, l’adrenalina sale e i capi Curva ancora incitano a cantare, a non lasciare soli i ragazzi.

Quando arriva il fischio finale la delusione è grandissima. Con chi dobbiamo prendercela? La difesa? L’allenatore? Moratti e la sua insoddisfacente campagna acquisti? I veri motivi della disfatta non interessano a nessuno, un fiume di tifosi viene risucchiato dentro le porte, sparisce in men che non si dica. Io rimango, assieme a pochi altri ad applaudire il Capitano che come sempre viene sotto la Nord, questa volta quasi a chiederci scusa per la sconfitta.

Rimango ancora, seduta a fissare gli avversari che festeggiano, i loro sostenitori che esultano. Intorno a me espressioni sconsolate, arrabbiate, deluse… non si può certo vincere sempre, ma il trend negativo della nostra Inter lascia tutti con l’amaro in bocca. Finalmente mi decido ad alzarmi, seguita dal gruppo di amici con cui sono venuta. Mentre scendiamo le scale un coro di lamentele si leva verso l’alto, nessuno vuole accettare questa sconfitta immeritata. Lasciandomi le luci di San Siro alle spalle, saluto gli altri e mi avvio verso la metropolitana, i commenti dei tifosi continuano persino lì sotto.

Mi stringo la sciarpa al collo, tenendomi stretta quei colori che amo tanto, nella gioia e nel dolore. Fermata Conciliazione, scendo e recupero la macchina. Sulla via del ritorno si accende la spia della riserva e sono costretta a fermarmi a fare benzina. Un signore vede la maglia e mi urla “Avete vinto o perso?” – “Abbiamo perso…”  rispondo mestamente. Risalgo in macchina, inghiottita da una notte che se solo le cose fossero andate diversamente mi sarebbe sembrata meno buia.

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