SpazioInter’s Stories – Il comandante gentiluomo: Gigi Simoni

E’ difficile entrare nei cuori dei tifosi nerazzurri in appena una stagione e mezza, ma Gigi Simoni è riuscito in questa impresa, senza però avere il lieto fine in un’avventura breve ma intensissima.

“Siete tutti uguali…tranne uno”

Luigi Simoni da Crevalcore, classe 1939, allena la Cremonese quando nel 1993 s’impone nel Torneo Anglo Italiano, sfida tra le 4 squadre retrocesse e 4 non promosse in A e rispettive compagini inglesi con stessa sorte in campionato. Il calcio italiano si accorge di quel tecnico dai modi gentili che senza modi arroganti approda al Napoli nel 1996/97.

Guida i partenopei sino al secondo posto dietro la Juve, ma un’escalation di sfortuna condanna il Napoli a 10 partite senza vittorie con relativo esonero da parte di Ferlaino.

Poco male. A Milano, sponda Inter, si cerca il tecnico della rinascita dopo il burrascoso addio con Roy Hodgson causa sconfitta nella finale di Coppa Uefa contro lo Schalke 04 ai rigori.

Gigi Simoni è il prescelto e il 2 luglio diventa l’allenatore dei nerazzurri con un regalo molto particolare: Luis Nazario de Lima Ronaldo, il più grande giocatore dell’epoca.

Mercato intelligente e scoppiettante. Arrivarono a Milano il funambolo con le treccine Taribo West, il gladiatore Diego Simeone, Winter, Sartor, Moriero e un piccolo genio ma sconosciuto: Alvaro Recoba.

I tifosi interisti non stavano nella pelle. L’idea di vedere il Fenomeno aveva di botto spazzato via qualsiasi concetto di inferiorità rispetto alla Juventus di Moggi e Giraudo.

Simoni doveva essere il mago che inventava la pozione magica per far quadrare la squadra.

L’inizio fu col botto, in casa col Brescia tutti aspettavano Ronaldo ma sotto per 1-0 con gol di Hubner dalla panchina si alza il numero 20, il Chino, che realizza due splendidi gol facendo esplodere San Siro.

Il primo gol del Fenomeno arriva sette giorni dopo in casa del Bologna di Roberto Baggio, nella vittoria per 4-2.

Gigi Simoni predica calma, ha una squadra con alti valori morali, come spiegato dallo stesso mister, cui regala la frase: “Siete tutti uguali, tranne uno“. Quell’uno è il numero 10 da coccolare, quel Ronaldo tartassato dai difensori ma anche capace di far impazzire le partite.

Ronaldo e la Coppa Uefa 1998

Il campionato 1997/98 è esaltante. Il duello è tra Inter e Juventus e nella magica notte del 4 gennaio 1998 Ronaldo (fresco di Pallone d’Oro) accelera, lascia sul posto i difensori bianconeri, serve un pallone al centro e Djorkaeff deposita in rete il gol della vittoria per uno a zero, con i nerazzurri che non superavano la squadra di Torino in casa dal 25 ottobre 1992.

Quando l’Inter sembra avviata verso il titolo d’inverno ecco i clamorosi scivoloni interni col Bari e il pari ad Empoli, arrivato grazie ad un gol da centrocampo di Recoba.

Prima della fine dell’andata 97/98 c’è una Coppa Uefa da vendicare. Superati agevolmente gli svizzeri del Neuchatel Xamax arriva lo scivolone interno contro il Lione di Giuly per 2-1.

La banda Simoni non si deprime e in Francia va a vincere per 3-1. Una rimonta che pare impossibile, ma che arriva anche in maniera migliore contro lo Strasburgo dopo la sconfitta in terra d’oltralpe per 2-0.

San Siro il 9 dicembre è un catino, lo Strasburgo viene colpito con Ronaldo, Zanetti e Simeone, le tre anime della squadra e si avanza contro lo Schalke, nella vendetta della precedente finale.

Il campionato procede con altri scivoloni come contro il Bologna in casa o la sconfitta per 3-0 con la Lazio ma ha anche esaltazione con la tripletta di Ronaldo al Lecce o la sfida contro Batistuta finita in pari.

La Juve però pare godere di eccessiva fortuna anche con qualche episodio di troppo a favore. La coppa invece esalta, lo Schalke viene tramortito dal Fenomeno a San Siro, poi servono i supplementari in Germania ma si passa il turno.

Lo scoglio successivo è lo Spartak Mosca dopo la roboante vittoria nel derby per 3-0. Simoni si gode lo show di Ronaldo sul ghiaccio e strappa il pass per la finale del 6 maggio contro la Lazio.

Nel mezzo però il 26 aprile c’è la velenosa sfida contro la Juventus. Una partita che diventerà tristemente famosa per lo scontro fra Ronaldo e Iuliano in area di rigore, un intervento non sanzionato dall’arbitro Ceccarini che invece concede il rigore per un’entrata di West su Del Piero sul successivo capovolgimento di fronte.

Simoni imbestialito si fa espellere dall’arbitro, la prima volta che il tecnico di Crevalcore perde l’aplomb gentile in un clima che anni dopo spiegherà tante cose sul lavoro dei dirigenti juventini.

Quell’episodio costa lo scudetto e consegna tantissima rabbia all’Inter.

Quella rabbia che esplose al Parco dei Principi con un 3-0 firmato Zamorano, Zanetti e Ronaldo per la prima Coppa Uefa dell’era Moratti. Simoni tocca l’apice della carriera.

Una carriera che è pronta ad ulteriori trionfi, ma l’annata successiva vede gli infortuni di Ronaldo, ma anche una vittoria storica sul Real Madrid per 3-1 con doppietta di Roberto Baggio.

Quella vittoria arriva cinque giorni prima di una sofferta gara con la Salernitana decisa solo all’ultimo minuto. Il giorno dopo Simoni vince la Panchina d’Oro ma viene esonerato da Moratti, in quello definito poi dal presidente: “Un errore mio mandarlo via, avremmo avuto più vittorie e meno polemiche“.

Simoni entra di diritto nel cuore nerazzurro per la bellezza di una squadra che non vinse il campionato solo per sfortuna e atteggiamenti ai limiti della sopportazione, consacrandosi però in Europa con partite da lode.

Cosa disse Simoni a SpazioInter

Gentilmente intervistato da SpazioInter il 10 agosto 2016 dopo il pasticcio Mancini-de Boer, Gigi Simoni spiegò cos’era l’Inter: Allenare l’Inter, la mia Inter, è stato facile. Facile per una questione morale della squadra, il valore tecnico dei giocatori non si discuteva ma quel gruppo era stupendo per i meriti, grandi ragazzi, facili da allenare e se uno si dispiaceva per un’esclusione ci si poteva parlare, erano ragazzi seri e d’accordo tra loro e questa è una delle cose di cui vado più orgoglioso, un po’ come del rapporto con Moratti, bellissimo, anzi mi vengono in mente le parole della sorella del presidente, che un giorno ha ammesso che quella Inter è stata la più amata

 

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