IL CANTO DI NATALE – Lo Spirito del Natale Passato

E’ una favola, un volo pindarico, un sogno con la morale, un’allucinazione, un’eresia, ma in molti iniziano a giurare si tratti della verità.
La notte di Natale è un sabato del villaggio ricco di aspettative, desideri, frenesia, che si tratti di grandi o piccini, che si creda o meno a Babbo Natale, ognuno in quella notte è euforico, frenetico, desideroso di miracoli e cambiamenti e attende regali materiali o spirituali, novità e conforto.
Alcuni luoghi sono vivi e ricchi di umanità come Nanchino e la Cina, altri sono spaparanzati sulla riva dell’oceano come l’Indonesia, altri sono apparentemente deserti come  Corso Vittorio Emanuele e la Pinetina, ma anche lì c’è chi non riesce a prendere sonno, si gira e si rigira tra le fredde coperte e chi vaga tra rabbia e speranza.

Era la notte di un 24 dicembre, il Biscione era impaziente, tentava di prender sonno contando i terzini soprattutto quelli sinistri, ma non c’era verso e ad un tratto venne terrorizzato da un lamento cavernicolo, poi un altro, poi un altro ancora. Apparve uno spirito gigantesco che fra tentativi di volare per le stanze del Suning Center in memory of Angelo Moratti mentre a fatica cercava di leggere il nome senza addormentarsi, veniva tirato verso il basso da pesantissime catene. Era mezzo uomo mezza bestia, portava una barba lunga che copriva in parte la bava di rabbia agli angoli della bocca, al posto delle mani aveva due rossi guantoni da Boxe e al termine delle zampe posteriori aveva una scarpa lucida e perfetta sulla sinistra e un incudine sulla destra. Indossava una maglia nerazzurra con impresso IoMatrix e la pelle era completamente ricoperta di inchiostro.
Guardò il Biscione che intanto tentava di proteggersi nascondendosi sotto le coperte e esclamò: “Sono Marco Tyson e io questo film l’ho già visto! Arriva Natale e tu scompari, perdi il cuore, la testa e la vetta…Ora basta!”.
Il Biscione tentò di difendersi balbettando: “Ma ma no, no, non è vero…”, ma non ebbe il tempo di finire la frase, Marco Tyson entrò nel letto con un tackle assassino, spostò le coperte, lanciò un grido disumano e disse “E’ la pura verità. Ora il mio tempo si è fatto ed il mio compito assolto. Qualcun altro verrà” e si dissolse dando una testata al comodino.
Apparve una Tesla nuova di pacca che senza far rumore si parcheggiò davanti al letto e dopo poco ne uscì un uomo evidentemente ricchissimo che si fece subito offrire un caffè adducendo al fatto di essersi dimenticato il portafogli e attaccò: “Juventus uguale FIAT uguale potere, Taca la Bala”. “Sono il Mago, l’unico Spirito del Passato e ora seguimi”.
Il Biscione era rimasto a bocca aperta da una simile dimostrazione di magnetismo e non poté far altro che assecondarlo tenendo il passo.
Andarono indietro, molto indietro, tanto che il colorò svanì, era tutto in bianco e nero, ma vide con la massima nitidezza volti entusiasti, coppe al cielo, manifesti, giocatori sanguinanti e felici, vide un cartello con su scritto “La Grande Inter” e bambini, padri, nonni che recitavano Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Domenghini, Suárez, Corso, come fosse una filastrocca, uno scioglilingua, un mantra. Il Biscione fece per toccare una coppa dalle grandi orecchie, ma il Mago lo strattonò via e andarono nel paese delle difficoltà, degli ostacoli e della grandezza, vide eroi piangere e gregari ridere, vide scudetti dei record, acque sante, preghiere e bestemmie in carne ed ossa, vide trasformare San Siro, osservò i più grandi giocatori del mondo fare a gara per vestire quella maglietta che tanto orgoglio possedeva tra quelle righe nere e azzurre. Notò anche impostori sedere sulla panchina più bella e più difficile del mondo, ma l’amore e il carisma che si respiravano erano talmente forti da soffocare e annullare tutto il resto. Lo spirito del Passato gli mormorò “C’è anche questo…” e gli mostrò sim card straniere, arbitri terrorizzati, doping, abusi e soprusi, ma poi sorrise e apparvero guerrieri pazzi che in quattro minuti potevano segnare 3 gol e regalare 3 punti insperati rendendo la loro storia e il telecronista di quel match ricchi e famosi, naturalmente non poté fare a meno di spostarsi quando arrivò l’ingombrante Josè Colui che Può, gli riecheggiò nella testa il grido “E’ vostro, è vostro…” dimenticato troppo in fretta.
Ma ciò che lo colpì maggiormente fu uno slogan che poi ebbe a ben vedere essere la chiave di tutto, “Soli contro tutti”, seguito da una coppia di giornalisti dalle sembianze di un gatto e una volpe, un mostro minaccioso dal nome poco rassicurante di Ausilicus e rimase interdetto dalla bellezza e dall’ambiguità delle ombre cinesi che in un attimo potevano passare dal disegnare il simbolo del dollaro, al gesto delle corna o a un enorme dito medio.
Tornarono al presente, il Mago risalì in macchina “Ora il mio tempo si è fatto ed il mio compito assolto. Qualcun altro verrà”.

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