Baggio, mio Baggio, quanto ti ho amato

Quando si arriva al compimento del mezzo secolo di una leggenda il mondo dovrebbe fermarsi, alzarsi in piedi e ringraziare. Non una celebrità qualsiasi ma chi ha fatto sognare i tifosi di Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia, oltre ovviamente chi segue solo la Nazionale azzurra. i 50 anni sono di Roberto Baggio, talento e disperazione degli allenatori, idolo e amore incontrastato di chi ama il calcio.

Baggio, esordio con gol, come per gli immortali

Baggio e l’Inter si inseguono per anni, periodi difficili con Pellegrini che non può permettersi il Divin Codino, nonostante il giocatore da piccolo sia tifoso nerazzurro. E allora via alla disperazione viola sotto Pontello che lo vende ai bianconeri, e poi via al rossonero dove dopo Lippi farà arrabbiare Capello.

Il primo Moratti tenta subito il colpo ma Roby non è convinto, quando poi Milano si fa stretta si va a Bologna, dove la lite arriva con Ulivieri per una mancata convocazione contro la Juventus.

Baggio divide, rischia di trascinare due volte l’Italia al trionfo mondiale, prima 1994 poi 1998, finché poi sposa il nerazzurro, si va a far coppia con Ronaldo, l’attaccante più devastante del mondo.

In nerazzurro si presenta dopo un Mondiale giocato da protagonista, l’esordio è a Pisa, mercoledì 12 agosto 1998, c’è da battere lo Skonto Riga per arrivare ai gironi di Champions. Roberto gioca con la 10 e al minuto 58 bagna con un gol la sua prima gara ufficiale con i nerazzurri. L’esultanza è di chi quei colori se li sente addosso ma, come dice Venditti, “Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano”.

Baggio, il Real, il vino e un amore infinito

E’ difficile raccontare Roberto Baggio senza avere gli occhi lucidi. La difficoltà nasce dal vedere un Campione con la C maiuscola fermato dagli infortuni, dalla sfortuna e dall’ostracismo degli allenatori che mal sopportavano tanto carisma.

All’Inter serve una firma d’autore, una di quelle serate in cui Pizzul urlerebbe “Robertooooooo!!!” come nei Mondiali 1994.

Mercoledì 25 novembre 1998, l’Inter ospita il Real Madrid di Hiddink, Ronaldo e Zamorano fanno coppia là davanti ma dall’uno a uno la gara non si sblocca.

Finché dalla panchina si alza Lui, boato di San Siro, si toglie la tuta e prende il posto di Ivan Zamorano. La grandezza del Roby Nazionale è fatta di piccoli istanti, è grandissimo per quanto sia introverso, Lui che non capisce perché ha tanti tifosi e che in una vecchia vhs sceglie la canzone di Morandi “Uno su mille” per spiegare che ogni battaglia si può vincere.

Contro i Blancos entra Roberto, è un peperino a tutto campo, la gara pare bloccata, poi minuto 86, mischia furibonda in area, Baggio prova un fraseggio in avanti, la palla rimbalza sulla difesa del Real, ritorna a lui, tiro, gol e un ti amo.

L’esultanza è di quelle magiche, si toglie la maglia, la bacia perché dice “Devo restituire tutto l’amore dei tifosi nerazzurri verso di me“, ecco, perfetto, amore ricambiato.

Non è tutto, prima di entrare nell’Olimpo dei miti nerazzurri ci sarebbe anche un rigore perchè Illgner lo falcia in area, ma poco male, altro lancio lungo di Simeone, palla per Lui, dribbling sul portiere tedesco e saluti a tutti, 3-1 e un amore appena nato ma già fortissimo, Baggio per l’Inter, l’Inter per Baggio, io per entrambi.

Baggio si scontra con stagioni sfortunate all’Inter, poi arriva il Messia, cioé Marcello Lippi, colui che dice una cosa e ne fa un’altra, uno che può anche aver vinto la Coppa del Mondo ma che rappresenta la fine della storia tra Baggio e l’Inter.

Lippi chiede al numero 10 di far la spia su chi rema contro negli spogliatoi, il Divin Codino si rifiuta e per questo finisce in castigo, fino al 23 gennaio 2000.

L’Inter va male, è sesta a meno sette dalla capolista Juventus, va a Verona e va sotto per un gol di Laursen. Lippi presenta Recoba e Mutu in avanti, poi sotto uno a zero mette Baggio dopo l’intervallo, il numero 10 finito in naftalina serve per la salvezza.

Serve un minuto, discesa sulla fascia del Divino, passaggio al centro e gol del Chino. Quel momento per chi scrive resta impresso nella memoria, la battaglia per la malattia del padre lo debilitava e sperava solo in Baggio, il Codino entrava e cambiava la partita, la gioia era così immensa anche da provare il vino per la prima volta.

Al raddoppio apriti cielo, segna Baggio, salva Lippi, finisce il vino e la dichiarazione del numero dieci vale la scritta sul suo cappellino: “Matame se no te siervo“, uccidimi se non ti servo.

Altro che uccidere, ti clonerei Baggino mio, ti darei due gambe per correre ora, per ispirare Icardi e insegnare a Gabigol come si gioca, in fondo la numero 10 è libera.

Baggio lascia l’Inter come solo un campione può lasciare il grande amore, breve ma intenso.

Spareggio per la Champions League, Verona, 23 maggio 2000. Ormai le strade tra Baggio e l’Inter sono chiare, Lippi non lo vuole più e commette lo stesso errore di Trapattoni ai Mondiali del 2002, meglio non avere il 10 tra le scatole.

Prima però ecco il regalo ai tifosi dell’Inter, prestazione da Pallone d’Oro, lui che è l’ultimo italiano ad averlo vinto grazie a prodezze individuali (Cannavaro non ti arrabbiare), in porta Buffon, punizione impossibile e vantaggio nerazzurro, poi per far piangere chi non lo voleva vedere con un’altra maglia ecco un tiro al volo su sponda di Zamorano, gol, vittoria e Champions.

Dedicata a tutti? “No, a tutta l’Inter tranne l’allenatore”.

Baggio va a incantare il Rigamonti di Brescia, la storia dirà che non alzerà mai nessun trofeo, ma entrerà nei cuori dei tifosi e questo vale più di mille onorificenze.

Buon compleanno Roby, idolo, magico e prezioso esempio per le lotte con la sfortuna.

Buon mezzo secolo e come disse Pizzul: “Robertoooooooo, goooooool!

 

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