Perso un treno che portava via

Le sconfitte della Fiorentina e del Napoli, inaspettatamente invischiato nella lotta per il terzo posto, avevano posto le basi per un weekend coi fiocchi per i colori nerazzurri. Bastava posare con le proprie mani un altro piccolo mattoncino, espugnando uno stadio gelato ma decisamente praticabile. Insomma, bastava presentarsi sul campo di un’avversaria che ha valori da media serie B con il piglio di una squadra che non è ancora grande ma vuole esserlo, che brama di ritornare in Europa.

Non è stato così. L’avevamo temuto fin dall’ufficializzazione del solito schieramento, quello sì da serie cadetta. Tre difensori, guidati da un convincente Rolando, ad occuparsi del solo Cristaldo. Sei centrocampisti a fare filtro contro le manovre di una squadra che programmaticamente si rifiutava di manovrare. Il solito Palacio a svariare contro la lentissima retroguardia felsinea che lo costringeva a cercare spazi sulle fasce per poi trovare un compagno da servire nella nowhere land presidiata da Curci.

Tutto questo a scapito di Kovacic, tenuto fuori perché, nonostante sia reduce da un buon contributo alla qualificazione della nazionale maggiore del suo paese al mondiale, rimane sempre un “ragazzino”. Al suo posto lo “sparatutto” Guarin, galvanizzato dalla sfida con Diamanti (che almeno la porta la prende spesso e volentieri), e un disastroso Taider che in un quarto d’ora riesce a inanellare un giallo e la palla persa che porta al gol bolognese, che cerca di evitare con una trattenuta demenziale che non gli vale il secondo giallo solo perché l’arbitro Banti si dimostra scarso e inadatto, a scapito di entrambe le squadre.

Sicuramente non a scapito dello spettacolo, che non esiste. La partita è brutta. E Mazzarri, a seguito di un problema muscolare per Nagatomo, a ragione ritiene che sia lo scenario perfetto per Alvaro Pereira. Occhio, non parliamo del look inequivocabilmente affascinante che sfoggia, ma di tutto il resto. Tutto quello che di brutto si può fare un campo di calcio, Alvaro lo fa. E viene da chiedersi perché la decisione di passare a quattro aggiungendo un giocatore offensivo presa all’ottantacinquesimo non potesse essere presa un’ora prima.

I nerazzurri creano comunque occasioni (o ancora più spesso le creano per loro Natali e compagni) e trovano un fortunoso gol con un pimpante Jonathan, uno dei pochi ben oltre la sufficienza. Il legno colpito nel finale in mischia da Juan Jesus serve solo a far aumentare i rimpianti per aver perso un treno che non si doveva lasciare andare via.

 

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

 

 

 

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