Un’ora regalata

ora regalataE’ difficile non farsi prendere dall’entusiasmo dopo tredici punti in cinque partite, tanti quanti sono stati collezionati dalle favoritissime a una corsa che comunque ancora non ci compete. E’ più difficile non farlo quando si è reduci da una stagione al limite del disastro. Ma talvolta sta a noi l’ingrato compito di tarpare le ali dell’entusiasmo di voi, tifosi come noi, per ricondurvi sul sentiero dell’obiettività che viaggia spesso parallelo a quello della passione per i propri colori. Riconoscere gli errori per migliorare: è la filosofia del nostro nuovo allenatore e noi proviamo a farla nostra.

Nelle prime giornate non erano mancati gli elogi per l’ottimo lavoro di mister Mazzarri, capace di plasmare una squadra solida ed efficace, anche a scapito della spettacolarità, degenerazione, sostenuta dagli osservatori esteti ma ben poco acuti del calcio dei giorni nostri, fin troppo sopravvalutata del concetto di “qualità”. Stavolta no. Chiudere gli occhi dinanzi allo scempio tattico della prima ora di gioco e far passare quella di ieri sera come una fantastica e meritata vittoria ci sembra ingiusto verso i colori viola di un’ottima Fiorentina, penalizzata dalle numerose assenze, ma ancor più verso i colori nerazzurri, che hanno vissuto gli anni più cupi proprio quando sbiaditi da vanità e superficialità.

Mazzarri sbaglia tutte le scelte iniziali, tranne quelle obbligate: Handanovic più il terzetto difensivo. Paradossalmente la disposizione con una sola punta è molto più efficace contro squadre di livello medio-basso contro cui gli sia gli interni di centrocampo che gli esterni possono offrire maggior sostegno alla proposta offensiva, dovendosi preoccupare meno delle ripartenze avversarie. Le partite con Juventus e Fiorentina hanno mostrato che questo schema è insostenibile, a meno di un estenuante lavoro di svario da parte di Palacio (visto contro gli uomini di Conte) che per ovvi motivi alla lunga non può essere sostenuto. Non a caso El Trenza ieri è parso stanco e poco lucido. A ridurre il carico di lavoro dell’argentino dovrebbe provvedere la coppia di frangiflutti Taider-Guarin, per motivi diversi ancora inadatti a farlo con continuità; il primo per la mancanza di costanza che è tipica dell’immaturità calcistica di un ventunenne; il secondo, inspiegabilmente titolare fisso, per motivi oscuri che lo portano ad essere nervoso, supponente ed impreciso.

Chi rimane? Gli esterni, che sicuramente beneficerebbero di una punta come Icardi come bersaglio a centro area, o, alternativamente, di uno capace a sua volta di servirli negli spazi come Kovacic; ma soprattutto Alvarez, il miglior nerazzurro al momento dopo un Campagnaro in versione Samuel (quello dei tempi migliori), che ha più e più volte dimostrato di fare meglio partendo venti metri più dietro, alle spalle di due punte. Perché, caro mister, non possiamo basarci sulle “indicazioni tattiche” che ci ha fornito la gara col Sassuolo.

Prendiamo e portiamo a casa la vittoria fondamentale contro quella che, aldilà degli adolescenziali dispetti verbali tra Montella e Mazzarri, rimane una rivale per il terzo posto. Allontaniamo i sempre più derelitti cugini e teniamo il passo della Roma guidata da un meraviglioso Garcia, lui sì fautore del “calcio-diesel” che con raziocinio e non per caso rende sulla distanza dei novanta minuti.

Mister, noi abbiamo provato a far nostra la sua filosofia. Provi lei a fare lo stesso con la nostra. Guardi Cambiasso, capitano non per caso: è andato oltre i suoi limiti dal primo giorno di ritiro nel 2004, quando da scarto del Real e presunta riserva di Edgar Davids ci mise ben poco a conquistarsi il posto da titolare, fino ad oggi, in gol per la seconda settimana consecutiva e capace di sostenere novanta minuti di battaglia nonostante il suo fisico non abbia un’autonomia superiore ai dieci minuti.

Dal primo all’ultimo minuto. Dall’inizio alla fine. Senza regalare un secondo gli avversari. Figurarsi un’ora. Questa è l’Inter.

 

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

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