Benvenuti a “Zemanlandia”: pregi e difetti della Roma di Zdenek Zeman

Roma-AtalantaQuando si parla di Roma, il pensiero va al periodo “post calciopoli”, ossia dal 2006/2007 al 2009/2010, anno del Triplete; in quelle stagioni, i capitolini hanno conteso lo scudetto all’Inter in più di una circostanza, andando anche molto vicini alla vittoria finale, specie nel 2007/2008. Oltre a essere rivali nella lotta al titolo, nerazzurri e giallorossi hanno dato vita a finali di Coppa Italia e Supercoppa Italiana davvero molto intense, basti pensare alla rimonta interista in Supercoppa quando, sotto 0-3, gli uomini di Mancini ribaltarono il risultato vincendo 4-3.

La Roma ha cambiato molto rispetto a qualche anno fa: oltre al classico “via-vai” di giocatori che, nel calcio moderno, caratterizza le campagne acquisti di quasi tutte le squadre, i capitolini hanno subìto un profondo cambiamento anche a livello dirigenziale, con l’ingresso degli imprenditori americani pronti a investire una considerevole somma per portare la Roma ai massimi vertici del calcio.

Dopo una stagione deludente, quella appena trascorsa, vissuta sotto la guida tecnica di Luis Enrique, la dirigenza romanista ha deciso di puntare su un uomo amato dalla tifoseria come Zdenek Zeman, protagonista di una promozione dalla Serie B alla Serie A con il Pescara e già in passato allenatore dei giallorossi. L’arrivo del tecnico boemo, insieme a una campagna acquisti dispendiosa, con gli arrivi di Destro, Castan, Bradley, Tachtsidis, Balzaretti, Marquinhos, Dodò e Piris, aveva incendiato la fantasia dei supporters della “Magica”, accreditata a recitare un ruolo da protagonista dopo un anno da comprimaria.

Invece, la solita altalena di risultati che ha caratterizzato la carriera di Zeman, con vittorie convincenti come il 4-2 al Milan o quello alla Fiorentina e sconfitte a dir poco scioccanti come le rimonte interne subite dopo aver avuto due reti di vantaggio contro Bologna e Udinese, hanno fatto sì che la Roma si trovi al sesto posto in classifica, dietro ai cugini laziali che in estate hanno optato per una campagna acquisti diametralmente opposta e molto meno dispendiosa.

Il credo tattico di Zeman è il 4-3-3, con una fase offensiva frizzante e incisiva, che ha il suo rovescio della medaglia in una fase difensiva approssimativa e che concede molti spazi agli avversari; nello specifico, l’ex tecnico del Foggia dei miracoli si affida tra i pali a Goicoechea, portiere sudamericano non sempre impeccabile che ha superato Stekelenburg nel ruolo di titolare della porta giallorossa. La linea di difesa è composta da Castan e il giovanissimo Marquinhos come centrali, mentre sulle fasce agiscono Balzaretti a sinistra e Piris a destra: un pacchetto arretrato che non offre garanzie e che rappresenta il tallone d’achille dei capitolini.

A centrocampo De Rossi, vero e proprio faro del gioco romanista nelle passate stagione, viene spesso e incomprensibilmente fatto accomodare in panchina, preferendogli giocatori come Bradley e Tachtsidis, buoni gregari, ma di certo non paragonabili al numero 16 giallorosso; gli altri giocatori in mezzo al campo sono il baby Florenzi, in gol contro i nerazzurri a San Siro e Pjanic che, dopo un inizio fatto di incomprensioni con Zeman, sta trovando spazio e minuti.

Il trio d’attacco composto da capitan Totti, da Lamela, che sotto la guida tecnica del boemo sta avendo una notevole continuità realizzativa, e da Osvaldo rappresenta l’arma letale del club della capitale; le magie del capitano giallorosso, gli inserimenti dell’ex River Plate e i gol dell’italo-argentino sono una miscela esplosiva in grado di mettere al tappeto chiunque.

Nel posticipo di domenica sera, l’Inter troverà di fronte un avversario forte e voglioso di riscattare le due sconfitte consecutive; sarà un test importante per gli uomini di Stramaccioni, reduci dalla vittoria in campionato con il Pescara e con la semifinale di Coppa Italia conquistata dopo 120 minuti di fuoco.

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