Dopo aver raggiunto l’ennesimo record, quello delle 570 presenze in Serie A eguagliando Dino Zoff, Javier Zanetti ora ha messo nel mirino un altro ex nerazzurro, ovvero Gianluca Pagliuca che, nella sua carriera, ne ha collezionate 592 (anche se con maglie diverse). All’alba dei 39 anni, l’altro mostro sacro del calcio meneghino Paolo Maldini, sembra irraggiungibile, visto che l’ex capitano del Milan chiuse la sua strepitosa storia calcistica con ben 647 gettoni in Serie A. Javier Zanetti ha raccontato le sue emozioni a Edoardo Caldara nel corso di Prima Serata, il programma in onda su Inter Channel.
“Sono numeri importanti. Raggiungere Zoff, che è stato una leggenda del calcio mondiale è motivo di orgoglio. Essere terzo in questa classifica, vicino all’amico ed ex compagno Pagliuca, è incredibile. Quando abbiamo festeggiato 400 presenze con l’Inter sembrava già impossibile, ora sono quasi il doppio. Questa è la mia casa ed essere il capitano di questa squadra è una cosa straordinaria. Ricordo la prima fascia. Ricordo quando, poco dopo, subito d’accordo con la società, ho passato la fascia per qualche partita a Ronaldo. Lui stava attraversando un momento molto, molto difficile, aveva bisogno di tutti gli stimoli possibili per tornare ad aiutare la squadra. Mi ha fatto piacere passargli la fascia. Poi è ritornata a me e non l’ho più lasciata“.
Il capitano, ricorda momenti positivi e negativi con la fascia al braccio: “Ho alzato i trofei più importanti della storia moderna dell’Inter, ma con la fascia ho anche attraverso i momenti difficili, quando le vittorie non arrivavano, però non è mai stata un problema, anche quando non si vinceva mi piaceva avere la responsabilità, metterci la faccia. Le difficoltà di aiutano a crescere e a migliorare. Io sono cresciuto e migliorato nelle difficoltà, qui, insieme all’Inter“.
Tanti i trofei importanti conquistati, con il primo fondamentale per il rilancio dell’Inter arrivato in tribunale: “Credo che quella sera, io Moratti e Facchetti, ci siamo detti delle cose molte belle. Sentivamo di meritarci quel titolo per tutto quello che avevamo vissuto prima. E ci rendevamo conto che, da quel momento, poteva iniziare qualcosa di bellissimo, ma noi dovevamo essere all’altezza, dovevamo meritarcelo. Ci siamo riusciti e abbiamo vinto tutto quello che potevamo vincere, conservando oggi ancora la voglia e la forza per ritornare, presto, ad alzare i trofei. Prima di quel giorno del 2006, nessuno trovava la spiegazione di tanti perché, ma io ho sempre creduto nell’Inter, nel lavoro”.
Adesso, il presente si chiama Andrea Stramaccioni: “È bravo, si è presentato con umiltà e con sincerità. Ha idee precise, gli piace un tipo di calcio che tutti condividiamo. Speriamo di finire al meglio la stagione e che Andrea possa continuare, che questi mesi possano essere solo l’inizio di una lunga carriera da allenatore. È vero, ha poca esperienza con le prime squadre, ma si è presentato a noi calciatori come un tecnico molto preparato, molto attento ai dettagli, molto coinvolgente”.
La storia nerazzurra di Javier è lunghissima. Ma c’è una notte, quella notte, con un simbolo tra i simboli: “Quella mia faccia rimarrà per sempre, riassumeva tutti i sentimenti che provavo, che avevo coltivato per tanti anni“. Era Madrid, alzava la Champions League. Grazie capitano.