Dal girone di ferro al derby in semifinale: l’Inter in Champions è una favola

L’Inter è in finale di Champions League per la sesta volta nella sua storia. Una semifinale senza storia, un euroderby controllato senza troppi patemi dal primo minuto al 180esimo.

Eppure, era tutto partito da un sorteggio terribile ai gironi. Il Viktoria Plzen, Il Bayern Monaco e il Barcellona, il girone di ferro, i sorrisi beffardi delle rivali, la faccia pietrificata di Zanetti a Nyon. Sembrava tutto già finito prima di iniziare, gli ottavi sembravano un lontano miraggio, complice la terza fascia dovuta allo scudetto buttato in malo modo la stagione precedente. 

Eppure, l’Inter si gioca il passaggio del turno vincendo a San Siro contro i catalani con un colpo da biliardo di Calhanoglu e pareggia al Camp Nou rischiando addirittura di fare bottino pieno. Poi il Porto, il Benfica, il Milan. Arriva un pizzico di fortuna nei sorteggi e i nerazzurri si ritrovano un volo prenotato per Istanbul.

Un risultato impronosticabile, la Gioconda di Simone Inzaghi che ha saputo svoltare una stagione che si era indirizzata verso il fallimento trasformandola in una stagione storica per il club. Come nelle favole.

Lautaro festeggia dopo il gol segnato contro il Milan

A rendere più grande l’impresa dell’Inter di Inzaghi è stato proprio il doppio confronto con il Milan. 20 anni dopo i nerazzurri si prendono la rivincita e si riprendono Milano. C’era tanto in gioco, troppo, dopo tutti i trascorsi e le frizioni. Tutto spazzato via in 180 minuti, una generazione segnata dal 2003 che torna a festeggiare.

Inter, il sogno Champions di Istanbul

L’Inter si presenterà a Istanbul da assoluta sfavorita, qualunque sarà l’avversaria tra il Real Madrid e il Manchester City. Saranno 24 giorni in cui dovunque si conteranno i gol che i nerazzurri prenderanno in finale, come è giusto che sia vista la differenza di rose tra le squadre.

Ma l’Inter ha il dovere e il potere di affrontare la partita con la sfrontatezza della sfavorita che non ha niente da perdere, al contrario dell’Ancelotti o del Guardiola di turno. Perché, come disse qualcuno 13 anni fa, per loro è un’ossessione, per noi è un sogno. 

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