Il difensore dell’Inter, Francesco Acerbi, ha rilasciato un’intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport, facendo il punto della situazione in vista delle prossime partite di campionato, che possono rivelarsi decisive in vista della lotta Scudetto, nella speranza di ricucire l’ampio gap con la capolista Napoli.
L’ex Sassuolo e Lazio, inoltre, ha avuto anche modo di soffermarsi sul futuro in maglia nerazzurra, nel corso della sua intervista.
News Inter, parla Acerbi: l’intervista
Di seguito, le parole del difensore:
“Prima della partita con il Napoli, avevo detto che vincendo avremmo potuto riaprire lo scudetto e invece c’è stato il pari con il Monza, che per una squadra come l’Inter non deve accadere. Il Napoli è una macchina da guerra, ma non dirò mai che per lo scudetto è finita: abbiamo ancora il 5% di possibilità e dobbiamo crederci. Loro dovrebbero rallentare, ma noi dobbiamo pensare di poter vincerle tu. Avremmo dovuto avere 5-6 punti in più. E allora, con lo scontro diretto di ritorno ancora da giocare, il distacco sarebbe stato meno duro…“.
Poi, ha aggiunto: “Prendiamo l’Empoli come esempio: inconsciamente pensi di poterla vincere in qualche modo, ma a volte non basta. E magari ti capita un imprevisto. Nelle gare “secche” c’è una motivazione diversa, ma quella fame dovremmo averla sempre. Se abbiamo la cattiveria giusta, vinciamo: su questo non ho dubbi. A volte, però, ci è mancato un po’ di mordente“.
Inter sorpresa della Champions? Sentite Acerbi
Sulla Champions, ha dichiarato: “Se stiamo bene tutti, possiamo essere noi la sorpresa. Il girone ci ha dato fiducia: il Porto è forte e fisico, ma possiamo batterlo. E poi, una volta ai quarti, tutto può succedere: dipende da forma, morale, fortuna. E noi ci arriviamo con Lukaku e Brozo in più“.
Sul futuro: “Non lo so, è la verità. Vorrei restare, qui sto bene. Anzi, una cosa la so per certa: non arriverò un’altra volta ad agosto senza conoscere il mio futuro. A luglio voglio sapere dove giocherò. Spero si trovi una soluzione al più presto per il mio riscatto: ho 35 anni, ma sto benissimo fisicamente e mentalmente“.
Su Inzaghi: “È intelligente, simpatico, empatico, sempre positivo. È fortunato, ma la fortuna se la va a cercare e la merita. Un profondo conoscitore di calcio, sa tutti i giocatori del mondo: incredibile! Ed è uno che attrae le persone. Da Roma a Milano, è rimasto lo stesso“.

Su Skriniar: “Sapevamo tutti che aveva un’offerta Psg, ma non ci ha mai detto nulla. E a noi interessava poco… Abbiamo sempre visto l’impegno, questo ci importava. Poi a fine anno sarà un dispiacere vederlo andare via e non sarà facile sostituirlo: i giovani difensori bravi sono pochi e costano, vedi Scalvini“.
Su Lautaro, Lukaku e Dzeko: “È un piacere avere Lautaro come compagno, per come lotta in campo mi ha impressionato. Lukaku se sta bene è devastante, non è marcabile. Edin ha un’eleganza fuori dal comune: anche se sta così così, 2-3 soluzioni a partita le trova sempre. E poi Correa: è in difficoltà, cerchiamo di aiutarlo, ma vale gli altri“.
Poi, sul suo passato difficile: “Sì, certo. Quando ho avuto due tumori, non me ne fregava niente. Sapevo di sconfiggerli. Ero quasi contento. Lo so, sembra un paradosso, ma ero sfacciato. Dicevo: “Ok dai, affrontiamoli”, come una partita. Mi ripetevo: “Non ho paura”. Ma poi ho capito che è impossibile non averne. In realtà, la nascondevo, la tenevo dentro. Adesso ogni tanto penso: “E se il tumore torna? Se arriva una terza volta?”. Se dovesse succedere, sarà un’altra sfida da vincere. In fondo, sono cresciuto sfidando mio padre…“.
Acerbi erede di Chiellini in Nazionale? “Noooo… Sono vecchio. Ma ho sempre voglia di migliorarmi,. Altrimenti dalle difficoltà non sarei venuto fuori: sono arrivato qui dopo i fischi alla Lazio e gli insulti social degli interisti per quell’errore in Lazio-Milan. Sono rimasto muto, ho pedalato. E se fossi ancora a Roma, avrei giocato anche lì“.
Allenatore in futuro? “Vorrei farlo. Ma oggi pare quasi una moda, il patentino lo prende anche un idraulico. E va bene, è giusto che tutti abbiano questo sogno. Ma con un limite, si dia la priorità a chi ha giocato. Io mi sento portato, perché capisco i giocatori. E poi ho vissuto tutte le sfumature: ho toccato il fondo e sono andato in alto“.