Robin Gosens è stato il grande acquisto del mercato di gennaio nerazzurro. Fresco di primo gol con la nuova maglia nel derby si è raccontato a 11 Freunde, magazine tedesco, queste le sue parole.
Sul suo impatto nel nuovo spogliatoio: “Ovviamente, non mi sono presentato dicendo ‘Ciao, io sono quello nuovo’. La maggior parte dei giocatori sapeva già chi fossi e mi hanno detto semplicemente: “Ciao Robin, benvenuto“. Ma tutti sappiamo cosa si prova nel momento in cui appari per la prima volta da qualche parte e non sai come reagiranno le persone di fronte a te. Il più delle volte è per metà oscuro, perché tutti all’inizio sono amichevoli o almeno fingono di essere amichevoli. Poi diventa più difficile quando inizia la vita normale“.
Prosegue: “Nel mio caso, quando mi siedo al mio posto nello spogliatoio, spero che uno dei nuovi colleghi parli con me. Questa volta non è stato un problema perché conoscevo già molti ragazzi e c’era molto interesse reciproco. Quando sono arrivato all’Atalanta cinque anni fa invece mi è venuta voglia di sprofondare nel terreno, ero così a disagio per la situazione. Anche ora a raccontarlo mi viene la pelle d’oca. Ero completamente fuori dalla mia comfort zone, non sapevo quali fossero le regole e come dovevo comportarmi coi ragazzi“.
Sul clima all’Inter: “Qui anche chi viene per 100 milioni di euro deve dimostrare di meritare il suo posto. Penso che sia esattamente la cosa giusta da fare, perché è l’unico modo per andare a tutto gas. Nello spogliatoio dell’Atalanta ero uno che poteva fare qualsiasi cosa, all’Inter sono un nuovo arrivo, uno di quelli che inizialmente è tenuto d’occhio“.
Su Ivan Perisic: “Questa volta c’è un altro caso speciale nel processo di integrazione: rapportarsi con il diretto concorrente. Dopotutto, vengo a prendere il posto di qualcuno e questo di solito produce energia negativa. Nel mio caso, ho grande rispetto per la carriera di Ivan Perisic, che è un grande giocatore. Ci siamo trovati subito molto d’accordo, anche se ovviamente mi piacerebbe diventare un giocatore che abbia regolarità di impiego e questo inevitabilmente andrebbe a sue spese“.
Simone Borghi