Materazzi: “San Siro e la Bombonera, gli stadi che mi mancano”

Tutti hanno presente Marco Materazzi nelle vesti di calciatore e fervido tifoso dell’Inter. Oltre alla squadra a cui ha giurato amore eterno, l’ex difensore campione del mondo ha anche un’altra grande passione calcistica. Per Materazzi Boca Juniors è il nome di questa passione, e ai microfoni di Tnt Sports, Matrix spiega cosa significhi per lui questo legame. Il classe ’73 ricorda poi la stagione 2009-2010 e svela delle curiosità sui suoi compagni di squadra.

MATERAZZI BOCA JUNIORS: LE TAPPE DEL PERCORSO

Marco Materazzi è sempre stato un calciatore molto passionale, uno di quei calciatori che non passa inosservato. Queste parole confermano il suo modo di vivere il calcio: “Mi mancano San Siro e la Bombonera, quegli stadi che ti trasmettono adrenalina“. Ma come nasce il legame Materazzi Boca?: “Alla Bombonera ho avuto l’esperienza più grande della mia vita da tifoso, anche se non è andata bene a livello di risultato (22 ottobre 2019, il suo Boca ha vinto 1-0, troppo poco per ribaltare il 2-0 dell’andata, ndr.). Forse anche da giocatore mi è mancato giocare una partita in uno stadio del genere. Non sono stati De Rossi o Osvaldo a trasmettermi tutto questo amore, è una passione che è nata negli anni“.

Il legame con il mondo xeinexe è così forte che l’ex difensore salentino dichiara: “Ero un giocatore da Boca, o vita o morte: aggressivo e duro. Poi ogni tanto facevo gol quando la palla mi sbatteva addossoUno dei miei sogni era poter giocare la gara di addio di Martin Palermo. Poi, tramite Burdisso, dovevamo fare una sfida amichevole tra Inter Forever e le leggende del Boca ma purtroppo è saltata. Quando vedi quello stadio, vedi qualcosa di speciale: qualcosa che non sai cos’è finché non la vivi. Quando attraversi il tunnel ti sembra di andare in guerra perché sai che giochi per un popolo che soffre in settimana e vive per quel giorno lì“.

Quasi un anno prima della semifinale appena citata, andava in scena un’altra puntata del Superclasico: la finale di ritorno della Copa Libertadores 2018, rinominata “La partita del secolo”. Il match si giocò nel 2019 a Madrid per i fatti successi il 24 novembre 2018 appena fuori dal Monumental. Anche in quel caso, l’esito non sorrise alla squadra tifata da Materazzi (3-1 per il River, dopo il 2-2 della Bombonera): “Quella partita l’ho vista a casa, ma non è stata bella per il risultato e perché doveva essere giocata al Monumental. Sinceramente dopo l’1-0 non pensavo che il River sarebbe stato capace di rimontare e invece sono stati bravi. Ma, ripeto, quella Coppa non andava giocata in Europa“.

MATRIX E I COMPAGNI DEL TRIPLETE

Dopo aver approfondito i due momenti topici del suo tifo per il Boca, l’intervista si sposta sulla sua prima, grande passione: l’Inter. Materazzi ricorda così l’anno del Triplete: “È bello ricordare i momenti vissuti con i tuoi compagni. Quando giochi e vinci non guardi indietro, ma quando passano gli anni ti accorgi di quello che hai fatto. Ciò che abbiamo fatto noi nel 2010 è riuscito a 4-5 squadre, di cui 2 volte alla stessa, il Barcellona. È un’impresa difficilissima da raggiungere, e quando diventi grande gli dai ancora più peso perchè ti rendi conto di quanto sia speciale. La partita più importante è stata la semifinale col Barcellona, come ai Mondiali lo è stata quella contro la Germania rispetto alla finale“.

IL TEAM PRIMA DI TUTTO – L’allenatore conta quanto un giocatore, tutti gli equilibri sono importanti. Io dico sempre che i giocatori più dotati dal punto di vista del tecnico non giocano perché gli altri trovano da soli gli stimoli. La bravura di Mou è stata quella di rendere tutti partecipi. I meriti vanno divisi tra società, allenatore e giocatori. Dopo lo scudetto 2009, sono arrivati Eto’o, Sneijder, Milito, Thiago Motta e Lucio, 5 titolari“.

In particolare sul tecnico, Materazzi racconta: “Mourinho è uno che sa tutto di tutti, uno che in qualsiasi momento sa la parola giusta da dire. Bastava che tu mollassi un attimo e lui ti mandava un messaggio dicendoti «domenica giochi» Era geniale in quello. È stato l’allenatore che mi ha influenzato di più: sono stato fortunato ad averlo avuto proprio a fine carriera“.  L’ex numero 23 nerazzurro è rimasto in contatto con tutti i compagni di quella squadra: “Mi trovo bene con tutti, recentemente sono andato a trovare Milito, voleva farmi innamorare del Racing. Sono stato un giorno con lui, è stato incredibile“.

IL RICORDO DEL FENOMENO – Quando sono arrivato all’Inter la prima volta tremavo a vedere certi campioni. Prima della mia visita medica, vidi sulla cyclette Ronaldo, per me il più grande di sempre. Aveva la natura di Messi e la fisicità di Ronaldo: faceva tutto a 200 all’ora. Poi ho avuto la fortuna di giocare anche con Totti, Del Piero, Crespo, Eto’o: insomma, posso dire di aver coronato sogni che avevo da bambino“.

SU MARIO BALOTELLI – Non è vero che non gli piaceva allenarsi. La qualità di Mario non l’ho mai vista addosso a nessuno a 16 anni: lui non faceva cose normali. È il primo a sapere di non aver espresso tutto il suo potenziale, anche perché a 18 anni aveva vinto tutto. Non ha mantenuto le promesse iniziali“.

SU ZLATAN IBRAHIMOVIC – Nel parlare dello svedese, Materazzi non evita un po’ di ironia: “Non è vero che c’era rivalità. Io lo ringrazierò per sempre perché se non fosse andato a Barcellona, non sarebbe venuto Eto’o. Mi ha aiutato a vincere la Champions.

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