PAGELLONE 2019 – I DIRIGENTI

Il 2019 è stato un anno lungo, travagliato, dalle mille emozioni e dai mille avvenimenti. Un’annata che ha visto la fine della gestione Spalletti, l’avvento di quella di Conte, il caso Icardi, la Champions, il mercato, il ritrovato primo posto. Di sicuro non ci si è annoiati. Ora è il momento di riavvolgere il nastro e guardarsi indietro, per rivivere e valutare quello che è stato fatto. Si è soliti farlo, anche dopo ogni partita, con chi il destino lo indirizza direttamente dal campo. In questo giorno gioioso che è il Natale noi vogliamo farlo anche per chi, da Corso Vittorio Emanuele prima e da Viale della Liberazione poi, o da Nanchino, ha tirato i fili da dietro il palcoscenico. Ecco a voi il Pagellone 2019 dei dirigenti dell’Inter.

ZHANG JINDONG: VOTO 7

Contano i fatti, non le parole. E Patron Zhang di parole non ne ha mai spese molte, vista la ridotta presenza su suolo italico. Il padre della famiglia Suning e Inter vigila attento dalla Cina, affidandosi alla reggenza in loco del figlio. Nonostante la poca tangibilità dell’imprenditore cinese nel mondo Inter, va ricordata una cosa molto importnate, se non centrale: è lui a far girare la giostra. L’apporto e il supporto economico del gigante orientale ha dato nuova linfa vitale ad un club che ha sofferto terribilmente il dopo-Moratti, e che faticava a ritrovare la rotta sotto una gestione Tohir a cui importava solo delle proprie tasche. Se l’obbiettivo di Suning rimane quello di guadagnare, non si può dire che non siano stati fatti degli step ulteriori rispetto alla gestione indonesiana. Gli investimenti nel progetto tecnico, l’espansione della dimensione commerciale dell’Inter e la “brandizzazione” del club sono le basi di un processo simbiotico che porta introiti monstre in Cina e successi sportivi in Italia. Presente.

ZHANG JR: VOTO 8

Il baby pres si sta sempre più calando nel ruolo. Educato, deciso, energico (dall’alto dei suoi 27 anni), l’erede di casa Zhang è una figura mai vista prima. Pochi avrebbero scommesso su di una sua leadership quando è salito al trono nell’ottobre 2018. A più di un anno di distanza, nessuno si può lamentare. Steven Zhang stravolge lo stereotipo del presidente e regala al pubblico nerazzurro una figura pop e accattivante, che porta nuova linfa sulla sponda nerazzura del naviglio. Si destreggia nella bufera di inizio anno, accoglie in modo esaltato ed esaltante l’arrivo di Conte e si dimostra in grado di stare al timone sotto la guida “economica” del padre. Non è quello che decide, ma è l’anello di congiunzione tra tifo e proprietà. Un ruolo strategico di vitale importanza per la credibilità degli Zhang. Entusiasta.

PIERO AUSILIO: VOTO 7

Meno appariscente dopo l’arrivo di Marotta, Piero Ausilio sveste l’abito da tuttofare e agisce dietro le quinte. Il ds, in nerazzurro dal 2014, trova una perfetta sintonia con Beppe Marotta e si butta a capofitto su un mercato molto ben finanziato e (quasi) libero dal FFP. I colpi attesi da tifosi e allenatore sono arrivati eccome, mantendo sempre sotto controllo i conti e gestendo bene i giovani. In particolare, evita lo Zaniolo-bis con Pinamonti, in prestito al Genoa con gentlemen agreement per il ritorno in nerazzurro. Per il resto, i nomi parlano da soli: da Lukaku a Sanchez, fino al parametro zero Godìn. E per Lautaro, suo colpo su assist di Zanetti e Milito, tutti già stappano lo champagne. Certezza.

GIUSEPPE MAROTTA: VOTO 7,5

Il vituperatissimo ex Juve si è scoperto nuovo frontman di questa nuova Inter. Inserito nell’organigramma nella scorsa stagione, il dirigente varesino porta la brillantezza e l’esperienza che servivano. Non sembra pestare i piedi ad Ausilio e non svanisce nel nulla come Sabatini. Marotta prende le redini della truppa e ritrova il caro Antonio Conte nella scalata verso la grandezza. E in un anno non esente da casi mediatici, limita i danni. Cerca di non far esplodere il caso Icardi fuori dai cancelli di Appiano, imbastendo un confronto “intra nos” senza far svolgere la parte seria della cosa in pubblica piazza. Da febbraio in poi, da fuori, pochi ci hanno capito veramente qualcosa. Lui potrebbe essere quello che ci ha capito di più. Nel pandemonio generale, Marotta ha il merito di lavare la maggior parte dei panni sporchi in famiglia. Con l’ex capitano non è finita benissimo, ma anni fa sarebbe finita peggio. Mette la firma sulla nuova leadership societaria dell’Inter e su un mercato finalmente sontuoso. Next level.

JAVIER ZANETTI: VOTO 6

Il Capitano con la C maiuscola fatica a erigersi a modello anche fuori dal campo. Zanetti copre un ruolo più da bandiera che da dirigente, presenziando più come portacolori che come decision-maker. Anche se molto attivo nel mondo Inter, non si nota una sua mano quando si sarebbe dovuto far capire ad alcuni cosa significhi giocare per l’Inter. Un processo di adattamento, il suo, che la nuova stabilità del club aiuterà a velocizzare. Allievo e non più maestro, sembra aver del potenziale inespresso per predicare sullo spirito interista. Bandiera.

ALESSANDRO ANTONELLO: VOTO 7,5

Il dirigente lombardo non è il più baciato dalle luci della ribalta mediatica. E questo non è detto sia un male. Dopo aver ceduto il galiardetto di ad a Marotta, si occupa delle attività aziendali ed è uno degli artefici dei nuovi bilanci positivi dell’Inter. La partecipazione di Suning non è marginale, ovviamente, ma i numeri riguardanti i ricavi parlano da soli. La crescita commerciale del club è anche merito suo. Ha inoltre fatto sua la battaglia per arrivare al nuovo stadio di proprietà, capitano della spedizione nerazzurra presso Milan e Comune di Milano. Una figura tanto poco appariscente quanto fondamentale. Avanti così.

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