Auguri ad Adriano, l’imperatore caduto

Spegne oggi 37 candeline Adriano Leite Ribeiro, ex calciatore nerazzurro fino al 2009, nonché uno dei più grandi talenti a vestire la maglia nerazzurra. 123 presenze, 48 gol e il record di marcature (18) in Champions League per un giocatore dell’Inter.

Questo ciò che dicono i numeri per colui che può essere annoverato tra i più grandi rimpianti della storia sportiva del nostro club. Ma spesso i numeri non sono tutto; ci sono storie dove al di là di numeri e apparenze esiste un “oltre” talmente vasto da poter condizionare e far mutare tutto il resto. La storia di Adriano è una di queste.

IL GIGANTE BUONO MA FRAGILE, L’IMPERATORE VENUTO DA LONTANO

Un talento immenso, il cui equilibrio era, però, appeso a un filo spezzatosi prematuramente e tragicamente. La storia di Adriano è la storia di un gigante buono, e soprattutto bravo. 90 chili per 189 centimetri: l’identikit del classico centravanti boa. Non per lui. Non per l’Imperatore, non nato nell’impero che avrebbe potuto dominare, l’Europa.

Adriano è nato, infatti, in Brasile, nelle favelas di Rio de Janeiro. Si dice che il calcio lo abbiano inventati gli inglesi, la classe i brasiliani. E probabilmente, nella nostra storia, fu proprio la madre patria a far uscire Adriano da quell’identikit per consegnarlo a una categoria a parte, quella in cui presenziano solo pochi iniziati del gioco. L’Imperatore sapeva abbinare eccelse doti fisiche a uno straordinario dribbling e a un micidiale e potentissimo sinistro.

Javier Zanetti stesso lo definì un “mix tra Ronaldo e Ibrahimovic, potenzialmente meglio di tutti e due”. Pronunciò queste parole, però, nel momento critico della nostra storia. Adriano oltre all’amore per il gioco aveva come certezza e guida principale suo padre, il filo che sosteneva il nostro gigante, e che avrebbe potuto fiondarlo nell’Olimpo del pallone. Prima di una partita, nell’agosto 2004, una telefonata gli comunica che il padre è morto. Moratti e Zanetti gli si stringono intorno più forte che mai, come già facevano da quando era sbarcato in Italia, per paura che le sue umili origini facessero sfumare il suo talento.

UNA FALLIMENTO CHE PESA NEL CUORE DI TUTTI NOI

Gli sforzi delle due bandiere interiste non saranno purtroppo mai ripagati. La depressione, l’alcool, il peso della fama e dei riflettori, sottrassero l’imperatore al suo trono e al suo glorioso destino. Capitan Zanetti, parlando di lui, riconobbe la fine dell’Adriano calciatore come la più grande sconfitta di tutta la sua carriera. Ed è così che si conclude la storia con una sconfitta, per tutti. Per Adriano, per l’Inter, per il calcio. Della carriera di Adriano rimane il ricordo e il rimpianto per quello che sarebbe potuto diventare quel “… giocatore che tira bombe a mano…”, citando uno storico coro della Nord a lui dedicato.

Ma, comunque sia andata, comunque sarebbe potuta andare, Adriano è, e sempre rimarrà, nel cuore di tutti coloro che fino alla fine hanno sperato in una ripresa, in un miracolo, in un altro goal. Auguri, Imperador, cento di questi giorni.

Fonte immagine in evidenza: Screen Youtube

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