Il capitano dell’Inter Mauro Icardi ha parlato in una lunga e interessante intervista esclusiva al Corriere dello Sport con tanti temi trattati: dal suo momento a Milano, alle sue aspettative per il futuro e qualche riferimento al recente passato fra campo e mercato.
L’INTERVISTA
L’attaccante deve fare gol, comincio da qui. Dopo qualche mese di allenamenti all’Inter Mancini mi confidò che “se Mauro fosse anche capace di giocare a calcio sarebbe un fenomeno” – non ho mai capito se la sua fosse una battuta o una constatazione.
“Io penso che con i gol posso fare tanta strada, in questo sport conta fare gol, possibilmente uno più degli avversari. Si parla troppo spesso della mia partecipazione al gioco, che per molti è scarsa, insomma insufficiente, ma non mi frega niente di quello che dicono i giornalisti, i critici. Conosco un solo modo di aiutare i compagni e l’allenatore ed è quello di buttarla dentro. Ho sempre vissuto per il gol, anche da piccolo ne segnavo tanti. Ho la capacità di farli, devo farli. Come la chiamate? Una missione? Ecco, è la mia missione. Ero questo alla Samp, sono questo da sei anni all’Inter. Ho fatto 100 gol in più rispetto a quando ero a Genova, ma come giocatore sono esattamente lo stesso di allora. Se qualcuno trova che non sia migliorato, pazienza”.
Due tipi di leader, c’è quello silenzioso ma di soluzioni e quello che nello spogliatoio e in campo si fa sentire. Sei del primo.
Ma c’è chi lo fa per te, e alla grande, Wanda.
“Wanda sa bene quello che fa e dice, e cosa la gente vuole da lei. Sa stare in tv, conosce i giornalisti e ora è entrata anche nel mondo della moda, le piace da sempre. Wanda è furba, non ha bisogno di controlli, di lei mi fido totalmente. Mi conosce bene, sa quanto io tenga alla riservatezza e fino a dove può spingersi”.
Nel periodo in cui si parlava di una tua molto fantasiosa convocazione nella nostra nazionale, ho molto apprezzato la fedeltà all’Argentina, alle radici.
“Non ci ho pensato nemmeno per un istante, e non per mancanza di rispetto o gratitudine nei confronti dell’Italia che mi ha dato tanto. Io mi sento profondamente argentino, al di là del fatto che con la mia famiglia siamo andati via che ero piccolo quando fu dichiarato il default e la gente cominciò a temere il peggio”.
Purtroppo per voi. Ci sono tuttavia dei giocatori che hanno un peso superiore all’interno di una squadra. Questa è storia. Hai mai chiesto al presidente o ad Ausilio di prendere rinforzi? Mancini da giocatore suggeriva un acquisto al giorno.
Ventotto punti, il Napoli a un passo, la Juve lontana, gli ottavi di Champions ancora possibili: è l’Inter che immaginavi?
“La squadra è più completa che in passato, sicuro. Abbiamo perso qualcosa all’inizio, nelle prime due, tre partite abbiamo lasciato per strada dei punti. Se avessimo giocato da Inter, avremmo avuto qualche punto in più. Quando pensavamo di aver trovato continuità c’è stata la caduta di Bergamo. Niente da dire, loro sono stati più bravi di noi”.
Mai pensato di andare via?
La partita dell’Olimpico è un passaggio fondamentale per voi ma soprattutto per la Roma.
L’estate scorsa la Juve ci aveva provato anche con te.
“Qualcosa ho sentito. Ma, vedi, io certe cose sono l’ultimo a saperle perché ho un solo interesse, fare bene il mio lavoro. Lo devi chiedere a Wanda e Piero. Giocare a calcio per me è la cosa più bella ed è un privilegio, il lavoro che sognavo. Sono tornato da Londra alle 6 del mattino, con la squadra, e ho fatto le vasche di acqua fredda per ridurre l’ematoma al quadricipite. Voglio recuperare in fretta e giocare subito”.
Dicono che tu sia la balia di Lautaro.
“L’ho aiutato tanto, l’ho portato con me dappertutto perché non conosceva nessuno. Ha ventun anni e può crescere. In campo non si risparmia, è abituato al calcio argentino dove i colpi si danno e si prendono. Da questo punto di vista il Var è una benedizione per gli attaccanti perché costringe i difensori a limitare il numero delle furbate. Prima, in area succedeva di tutto, adesso il gioco è più pulito”.
All’Inter hai anche vissuto qualche momento di impopolarità con la curva, ricordo quello successivo all’uscita del libro. Certo, anche tu: scrivere un’autobiografia a soli ventitré anni…
In lontananza si sentono ancora le sirene del Real.
“Non mi sembra questo il momento giusto, visti i risultati. E poi sto bene dove sto. Anche il rinnovo arriverà quando deve arrivare. C’è tempo”.