Certe luci non puoi spegnerle

Barcellona, Tottenham, PSV Eindhoven. Gruppo B. Per chi abbia ambizioni incondizionate di qualificazione alle fasi a eliminazione diretta, quasi una coltellata. Per chi nutra la smisurata voglia di assaporare serate dal gusto esaltante, uno sfizioso banchetto, di prova.

D’altronde, quanto abbiamo atteso un’ansia così stringente, che ci tenesse incollati a uno schermo in cui un paio di vecchie glorie calcistiche si divertono a estrarre palline e a guardare i volti in sala? Poltroncine comode in cui si mescolano sguardi che ostentano fiducia, che tentano di nascondere il proprio cruccio, che cercano di mantenersi i più impenetrabili possibili. E poi ci sono gli occhi che sognano, che dicono “finalmente ci siamo, quando scendiamo in campo?”.

Perché mi risulta difficile pensare che ad Appiano Gentile qualcuno abbia provato lo sconforto di dover andare a giocare al Camp Nou, a Wembley o nel nuovissimo e rinnovato White Hart Lane, cattedrali del nobile calcio. Se lo scorso maggio c’è stata quell’esplosione di gioia sul prato dell’Olimpico, è stato proprio perché c’era la consapevolezza di poter tornare, anzi, di iniziare a giocare determinate partite, di percepire vibrazioni differenti, di capire dove si può arrivare come calciatori, singolarmente e collettivamente. Fin dove ci si riesce a mettere in gioco, ad elevare il proprio livello tecnico, la propria comprensione del gioco, i propri sforzi mentali per lasciarsi stimolare da ulteriori pressioni, per non farsi spaventare da calde atmosfere e non subire complessi di inferiorità di fronte a giocatori con più classe, esperienza e dal palmares più ricco.

Sarà incredibilmente difficile qualificarsi agli ottavi di finale. E non sarà nemmeno scontato poter preservare il posto che garantirebbe almeno l’Europa League. Ma ci sono sei partite per rendersi conto di essere tornati al centro del mondo del calcio, dove la storia e il blasone dell’Inter meritano di essere. Ben sapendo però, che il blasone non è un lasciapassare, ma uno stimolo per chi deve onorarlo e difenderlo. La squadra dovrà farsi trovare pronta per dimostrarsi adeguata a quanto ha raggiunto. Ogni residuo di energia e di attenzione dovrà essere pescato nel fondo delle proprie riserve personali. Pena, in caso contrario, l’occasionalità. La sensazione di essersi imbucati ad una festa con un invito rimediato quasi per caso e senza aver lavorato a sufficienza per cucirsi addosso l’abito adatto.

Se questo girone sarà un semplice antipasto di un menu destinato a svilupparsi in più stagioni, saremo ben lieti di farcelo bastare. Sarà di sicuro succulento, appetitoso, ma il rischio che rimanga indigesto è alto. Se ci si dimostrerà però all’altezza dei commensali, la possibilità di risedersi in futuro allo stesso tavolo sarà più elevata. Gradualità, senza fretta, ma anche cancellando ogni possibile manifestazione di grossolanità e imbarazzo. L’Inter ha lottato e ora attende la sua occasione. Lasciarsela sfuggire per le solite tensioni e i consueti complessi sarebbe delittuoso. Coccolarsela e tentando di tenersela stretta il più a lungo possibile, questa sì che è la strategia giusta. Le stelle saranno riviste, l’obiettivo è riservarsi la possibilità di godere ancora a lungo del loro panorama. Per raggiungerle, c’è tempo.

Ma intanto brillano, di nuovo. Luci a San Siro. 

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