Ora, il progetto Suning deve decollare: più fatti, meno parole

Terminata, ormai, la stagione, è tempo di bilanci. Che non possono non essere negativi. Ma non ci sono solo responsabilità solo da parte dell’area tecnica. Anche l’area dirigenziale, in questo anno, ha delle colpe. Ora, bisogna ripartire con la consapevolezza di dover fare spazio ai fatti. Su questo progetto Suning, finora, ha investito tanto, seppur quasi solo economicamente e dal punto di vista mediatico.

PROGETTO SUNING: FALLIMENTO IN CAMPO? 

Sin dall’arrivo di Suning a Milano, la sensazione è sempre stata quella di un potenziale enorme. Tecnico, ma anche economico e manageriale. In questi mesi, la famiglia Zhang ha fatto tanto: ha migliorato il marketing nel mondo. Ha sistemato i problemi con il FPF. Ha investito più di 100 milioni nel mercato. Ma, a conti fatti, e al netto degli obiettivi, in campo c’è stato un fallimento totale. L’Inter, come dichiarato dai principali rappresentanti del club, doveva andare in Champions. Invece, resterà nuovamente fuori dall’Europa, a meno di clamorosi ribaltoni dell’ultimo mese. E’ sfuggita proprio la cosa più importante: il ritorno nella massima competizione continentale.

Ora, per Suning, è tempo di bilanci, ma anche di presa di coscienza. Sebbene l’immagine del club sia migliorata, le grandi promesse nono sono state mantenute. Se ne sono sentite tante: l’Inter andrà in Champions, l’Inter tornerà ai vertici del calcio mondiale, l’Inter sarà mix di giovani italiani e senatori esperti. Quante di queste promesse sono state realmente mantenute? La risposta è nell’acquisto di Gagliardini, unica parola mantenuta. E’ passato solo un anno, ma vedere tante parole che non trovano riscontri nei fatti non è il massimo. Si sa, vale più un “lavoriamo partita dopo partita” sincero che un “quest’anno vinciamo lo scudetto” detto solo per mero ottimismo.

BASTA PROCLAMI: E’ TEMPO DI FARE, NON DI PROMETTERE

L’anno prossimo, quindi, bisognerà rimediare agli errori commessi quest’anno. In primis, la vicenda tecnica: mai più un Mancini che lascia ai primi di agosto. Mai più quattro allenatori nel giro di 3 mesi (da Mancini a Pioli passando per de Boer e Vecchi). Se è un’Inter italiana che Suning vuole, ci vorranno gli acquisti mirati, ma senza la necessità di titoloni di giornale e dichiarazioni di facciata. Si vuole Berardi? Si va a Reggio Emilia e si compra, stop. Idem per Bernardeschi. Si vuole un top manager? Si prende. Se questa opzione, con Simeone e Conte quasi inarrivabili, è più complicata, non lo è l’acquisto, ad esempio, di un top player. A maggior ragione se Suning, in questo anno, ha dimostrato che i nerazzurri hanno tanti problemi, ma di certo uno di questi non è il potenziale economico.

Bisogna, insomma, lavorare con la consapevolezza di dover fare, non di dover promettere. Molti interisti non probabilmente non se ne ricordano, ma una delle prime promesse fatte dal vecchio azionista di maggioranza, Erick Thohir, è stata la finale di Champions a Milano nel 2016. Ad eccezione di Zanetti e Cambiasso, presenti in tribuna, gli altri l’hanno vista su Canale 5. L’Inter deve arrivare ad essere un top club mondiale, nelle idee di Zhang. I grandi progetti, però, nascono nell’anonimato, lontano dai riflettori e, soprattutto, dai microfoni. Mostrando miglioramenti non nella sintassi e nelle frasi, ma sul campo.

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