Ode al difensore centrale più forte della storia nerazzurra

Ci piace esagerare, forse perché negli addii si esagera sempre, il complimento oltrepassa sistematicamente la critica, l’elogio regna sovrano e non lascia spazio alle malelingue, che hanno il buonsenso di mantenersi alla larga e ritirarsi nel loro alveo. Questa consuetudine non poteva affatto essere messa da parte nei confronti di Walter Samuel, ritiratosi ufficialmente dal calcio due giorni fa in occasione del match tra il Grassopphers e il Basilea, ultima squadra di una lunga e fulgida carriera, costellata di successi, ma anche di periodi bui, momenti di difficoltà in cui il muro, “The Wall”, sembrava mostrare fisiologiche crepe, difficilmente colmabili.

samuel walter

Invece quel muro ha retto sino alla fine, non si è lasciato abbattere dal trascorrere del tempo, da un logorio percepibile, ma non così incisivo. Non si può negare come Walter Samuel sia stato un pezzo di storia del club nerazzurro, un sostegno, una fondamenta dei tantissimi successi costruiti tra il 2006 e il 2011. Arrivato con entusiasmo, per quanto fatto con la Roma nei primi anni 2000, ma con più di qualche dubbio per la crisi che lo aveva colto nel Real Madrid, fu protagonista di un inizio scintillante: vittoria in Supercoppa Italiana contro la Juventus e goal decisivo all’esordio in campionato contro il Chievo. La sua scalata verso i cuori dei tifosi nerazzurri è stata però lenta, ma costante: la coppia di bandiere Cordoba-Materazzi era dura da scalfire, anche perché il numero 23, nel 2007, disputò un’annata fantastica sull’onda del Mondiale vinto da protagonista. Wall si fa trovare sempre pronto, non demerita, ma non sembra quel giocatore che, nella Capitale, sembrava poter essere duraturo quanto il Colosseo. Poi arriva il 2007/2008, un brutto infortunio a Materazzi e la possibilità di tornare ad essere, come due anni prima, un titolare fisso. Samuel sale di giri, ma fa i conti con la prima rottura del crociato nel derby natalizio vinto grazie a Cambiasso. Ecco, come potrà ripresentarsi un giocatore di trent’anni dopo un infortunio del genere?

Alla grande. Perché Samuel torna come nuovo l’anno dopo e decide di mettere il lucchetto alla difesa orchestrata da Mourinho. Non ci sono più le sofferenze e i patemi del finale di campionato precedente, quando la Roma spallettiana tentava un’incredibile rimonta. Ora non si soffre, ma si amministra, guidati dalla solidità di un muro che non conosce infiltrazioni scomode. Il 2010 è l’anno della svolta: accanto a lui arriva Lucio, piede più educato, ma anche più sconcentrato e disattento nella marcatura. La coppia però si completa e il muro singolo si trasforma in una doppia muraglia, sulla quale si schiantano i migliori d’Europa, da Messi a Ibra, passando per Henry, Drogba, Klose, Gomez e chi più ne ha, più ne metta. La sensazione di sicurezza data da Samuel è di difficile duplicazione, perché non si è più visto, dalle parti della Pinetina, un giocatore così abile nell’uno contro uno, nel dirigere il reparto,      nel muoversi sempre correttamente, guidando compagni meno devoti alla ferrea disciplina del tatticismo italiano. Tutti che sbattono contro di lui, come un vero e proprio muro, che fa rimbalzare ma non si scheggia, che può essere lasciato da solo, ma assorbe e attutisce i colpi per salvare l’intero edificio. Se Lucio era appariscenza pura, lui era l’essenzialità, forse sottovalutata, ma data per scontata proprio per la sua presenza, la sua forza mai venute meno.

Qualità che negli anni non si sono perse, ma anzi, sono state uno dei pochi salvagenti per compagni di reparto e collettivi di gioco non all’altezza di ciò che fu. Su di lui Stramaccioni e Mazzarri tentarono di costruire una difesa a 3 imperforabile: se gli altri fossero stati come lui, magari quelle idee sarebbero divenute realtà. Perché sapevi che, se ci fosse stato lui, magari la giornata poteva essere più tranquilla, ma la sua assenza era già sintomatica di qualcosa di traballante che sarebbe andato storto. Epurato assieme agli altri suoi amici e connazionali per ragioni di età, abbiamo scoperto dopo che in realtà la carta d’identità è una scusa falsa, ipocrita, bugiarda. I campioni sono tali dal primo all’ultimo giorno, magari anche con due operazioni alle ginocchia alle spalle, ma sapranno sempre darti ciò che ti promettono, che sanno di poter offrire alla causa. C’è una bella differenza tra i campioni e i normali giocatori, tra Walter Samuel e gli altri, tra il nostro centrale più forte di sempre e altri che si sono succeduti prima e dopo di lui, con risultati a volte buoni e a volte  cattivi, ma mai superiori ai suoi.

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