GdS – Brozovic (2/2): “La Roma, quel ciuffo giallo e il mio saluto speciale con Nagatomo”

Continua l’intervista di Marcelo Brozovic a La Gazzetta dello Sport, il centrocampista, nato a Zagabria il 16 novembre del 1992, approdato all’Inter dopo aver giocato nell’Hrvatski Dragovoljak, squadra del quartiere “Novi” a sud del fiume Sava, sino all’approdo nelle due squadre di Zagabria, prima la Lokomotiv e poi la Dinamo, infine l’Inter, con Brozovic al centro del mercato con le sirene della Premier League che si sentono spesso.

Prima però c’è da pensare alla sfida dell’Olimpico, con Brozovic che non la inquadra come decisiva: “È certamente importante, ma faccio una considerazione: mettete che vinciamo a Roma e dopo ne perdiamo o non abbiamo continuità, che cosa abbiamo risolto? Niente. È chiaro che il match è cruciale e che spero di vincerlo, ma da qui alla fine bisogna vincerne tante. Praticamente tutte. Da Inter”.

La Roma poi è un’avversaria che Brozovic ha osservato: “Abbiamo guardato le due gare di andata e ritorno contro il Real Madrid e mi sono sorpreso del come non siano riusciti a segnare nella gara giocata in Spagna dopo aver creato quelle bellissime occasioni. Cosa voglio dire? Che è una squadra che ha tecnica, che corre, che viene da otto vittorie di fila e che dietro ha un lavoro tattico notevole. Difficile sapere come andrebbe affrontata, Non puoi saperlo adesso, non puoi dare un’impostazione prima, come fai a dire se è meglio attenderli e ripartire, se attaccarli sbilanciandosi? Diciamo che 15-­30 minuti di massima aggressione ci dovranno essere, ma la verità è una sola: non bisogna pensare a come va giocata, va giocata e basta. E di certo remissivi non saremo mai“.

La domanda sul mercato è d’obbligo, con l’Arsenal che ha messo nel mirino Brozovic: “Ma io non ci penso proprio, credetemi. Chiaro che dopo si può parlare di tutto ma prima no, prima di aver lottato per questo obiettivo proprio no. Servono ancora nove passi“.

A proposito di passi, Brozovic parla della sua infanzia: “Non sono mai stato un bambino calmo, ero uno che cercava sempre di uscire di casa, un vero piccolo diavolo. La cosa più Epic che ho fatto? Più o meno Epic… Una volta eravamo a Zagabria a giocare a guardie e ladri con gli amici. Tutto bene fino a quando lancio un sasso e rompo un vetro. Ho fatto una fuga che mai più nella vita“.

Della guerra ricordo poco, ma la mia mamma Sanja e mio padre Ivan mi hanno raccontato molte cose. Ma non ne voglio parlare». Perché il nome Marcelo, inusuale dalle sue parti? “Perché papà voleva darmene uno un po’ diverso: se mi fossi chiamato Ivan come lui, beh, appena uno diceva il nome si giravano in trenta per strada… Infatti per mio fratello hanno scelto Patrick e per mia sorella Ema“.

brozovic-2Mancini mi chiede concentrazione, sempre. E io, che entri da subito o dopo, quella la metto sempre, non mi manca mai. E mi dice di essere più preciso nei lanci da 50 metri. Io vorrei rimanere qui molto a lungo perché mi sono trovato benissimo, da subito: è come se vivessi qui da vent’anni. Ci sono belle persone, bravi ragazzi. Vede, io in tutti gli spogliatoi sono sempre stato uguale, me stesso: né accomodante, né ruffiano, né esaltato. Sempre me stesso. E sono sempre stato abituato a giocare con gente più grande ed esperta“.

Scene da spogliatoio ma anche cose particolari: “Con Nagatomo ci salutiamo battendo due volte le mani e mettendoci in posa Epic, con la mano sotto il mento, dicendo “Yes”. Cose così». E a basket? «Sono tifoso dei San Antonio Spurs, Parker è il mio numero uno. E qui facciamo la gara di tiri, non le partite, con Ljajic e Perisic. I più bravi siamo io e Adem“.

Brozovic è particolare, anche per la pettinatura e un ciuffo giallo con l’esordio in nerazzurro:  “Nel Natale del 2014 ho la cresta di un altro colore. Rosso. Però mi faceva talmente schifo che cerco di cambiarlo. Lavo i capelli e coloro il ciuffo, ma il problema è che esce un’altra tinta improbabile, giallastra. Quella con la quale mi sono presentato a Milano. Però sì, era un colore terribile. Semmai farò altro per il terzo posto”.

Inter e Croazia, più semplice un terzo posto o una finale agli Europei: “E perché non sperare in entrambe?” Poi Epic Brozovic continua come un rullo: “Nel tempo libero mi piace invitare a casa gli amici per giocare a freccette. Ho comprato un bersaglio professionale, divertente, bellissimo. E poi mi piace giocare a tennis, adoro Roger Federer”.

Poi saluta ringraziando il traduttore Silvio, esce dalla stanza e ritorna perché da buon funambolo ha dimenticato qualcosa da dire: “Ah, scrivete che siccome mi sono riappacificato con la mia fidanzata, beh, sto spessissimo con lei, con Silvija. Eh…”, lo sguardo è di uno che è pronto all’ennesimo scherzo, qualcosa di Epic pronto a ad esplodere, magari già sabato all’Olimpico.

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