Carattere, grinta e voglia: servivano davvero le strigliate della dirigenza?

A mali estremi, estremi rimedi, che per fortuna funzionano. Dopo la sconcertante partita di domenica sera, quella nella quale l’Inter pareva un’inerme massa di giocatori demotivata e priva di ogni guizzo caratteriale e di orgoglio, Zanetti e Ausilio hanno deciso di intervenire a gamba tesa, usando toni e parole forti e non inequivocabili. Responsabilità, dignità, peso della maglia, palle, non è mancato nulla nelle strigliate e nelle dichiarazioni roboanti provenienti dallo Juventus Stadium. Nessun insterismo mediatico, ma decisione e forza. Con il senno del poi, si può dire che ciò era proprio quello che ci voleva. 

Pungolata più a livello umano che tecnico, la squadra di Mancini ha reagito come nemmeno il più ottimista dei tifosi avrebbe immaginato: si è lottato, si è sputato sangue, si è corso dall’inizio alla fine, con sacrificio e abnegazione, ma soprattutto si è giocato a calcio come mai in questa stagione, con un ritmo e una pulizia di gioco finalmente ad alti livelli. Allora questa squadra è in grado di produrre del gioco piacevole e di imporsi facilmente sul migliore degli avversari? Perché lo ha fatto così raramente finora? Doveva scattare una molla che desse convinzione ai giocatori e pure all’allenatore, anch’egli avvilente in alcune recenti scelte di formazione?

La mancanza della qualificazione alla finale non deve essere ulteriore motivo di abbattimento, ma si deve partire dalle certezze che si sono trovate sul campo. Come singoli e come gruppo. Come giocatori, atleti e uomini. Ciò che è stato messo sul campo nei 120 minuti di ieri dovrà essere riproposto nelle restanti partite della stagione, che devono consentire all’Inter di raggiungere un obiettivo fondamentale per la sua crescita dentro e fuori dal campo. I mezzi ci sono tutti. Ora c’è il dovere di non farli più smettere di funzionare.

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