Fassone a SportItalia (Prima Parte): “Il mio addio? Ecco la verità. Sullo stadio, il bilancio e lo scambio Guarin-Vucinic…”

Marco Fassone è stato un uomo chiave, nel bene e nel male, degli ultimi anni dell’Inter.

Dopo esser stato uno dei protagonisti negli affari Kondogbia e Perisic, sembrava alta la probabilità di una sua permanenza nel club nerazzurro, ma così non è stato.

Questa sera a SportItalia, per la prima volta dopo l’interruzione del rapporto con i nerazzurri del 18 settembre, è tornato a parlare Fassone. Ecco la prima parte delle sue dichiarazioni: “Il mio addio? Domanda da rivolgere a Thohir, anche se credo che gli sia stata già rivolta un paio di volte e credo abbia risposto. Io mi sono dato delle spiegazioni ma ci sono voluti 7-10 giorni per arrivarci, ci sono stato male. Credo che il dualismo che si era creato con l’a.d. lo ha portato a pensare che ci dovesse essere un solo uomo di potere e ha preferito l’uomo che ha scelto lui.
Inter in Champions o guai seri? No, ho letto anche io queste cose ma penso siano azzardate. Importante arrivare in CL sia per il prestigio che per situazione economica. Gli sforzi dell’ultimo mercato sono finalizzati alla CL, se non ci si arriverà l’Inter ha una rosa dal valore importante e potrebbe recuperare con delle cessioni dal punto di vista economico. Se mi tenevano per lo stadio nuovo? Domanda giusta ma non corrisponde alla verità: quando Moratti mi prese non lo fece per lo stadio, non so nemmeno se lui lo volesse lo stadio nuovo o preferiva ristrutturare San Siro. Lo stadio credo sia una priorità anche di Thohir: non necessariamente uno stadio di proprietà ma che diventi la propria casa per avere altre entrate. Mi sarebbe piaciuto restare. Tifo Juve? In questo momento tifo Inter. Avendo fatto l’arbitro da quando avevo 16 anni per diverso tempo, poi il tifo lo perdi, ma da 1 a 16 anni tifavo Juventus. Perché saltò Vucinic-Guarin? Non c’era la convinzione dei due azionisiti di andare avanti. Era un momento confuso, era il primo mercato di Thohir, c’era ancora Branca: non credo si volesse andare avanti, non si era convinti
“.

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