Marco Bellinazzo, noto giornalista de Il Sole 24 Ore, è intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Sportiva per dare una lettura chiara del bilancio nerazzurro, noto da ieri in seguito all’assemblea dei soci.
Bilancio di meno 45, meno 74 o bilancio consolidato sui meno 140 milioni, qual è la realtà dei fatti in casa nerazzurra?
“Molto difficile dirlo, la prima premessa è che purtroppo il bilancio di alcune società stanno diventando opachi come non dovrebbero essere, tra situazioni di controllo su società che hanno dentro una parte dell’attività, che quindi magari utilizzando il brand piuttosto che si occupano di sponsorizzazioni. Altre società che fanno parte del gruppo che hanno dentro i debiti o operazioni di rifinanziamento e quindi su cui sono scaricati gli interessi passivi. Tutto questo ci porta a quella girandola di numeri di cui si parla, che rischiano di confondere i tifosi. Verrebbe da dire subito che Thohir aveva ragione: non è di 90 milioni il rosso dell’Inter, ma non è nemmeno di 74. Purtroppo la situazione è molto più grave. Proprio per questo bisognerebbe conoscere il bilancio consolidato di tutte le società che fanno parte del gruppo Inter, quindi tutto ciò che entra in cassa e tutto ciò che esce. Purtroppo non abbiamo questo tipo di dati perché l’Inter non è una società quotata in borsa, non è tenuta a tutta una serie di obblighi di trasparenza e, soprattutto, sulla parte del consolidato non è tenuta a farlo se non nel gruppo di imprese di Thohir. Però, andando a guardare tra le righe del bilancio, emergono alcuni dati su cui possiamo riflettere e supporre quale sia lo stato di salute della società.
Situazione preoccupante dunque, ma al di là dei sorrisi di facciata, se l’Inter dovesse qualificarsi alla prossima Champions League, i conti potrebbero tornare? Basterebbe da solo per trovare un equilibrio?
“Beh, consideriamo che l’Inter deve effettuare un aggiustamento di almeno 100 milioni, perché la UEFA impone di arrivare a meno 30, per le sanzioni inflitte. Quindi bisogna aumentare i ricavi di 100 milioni o ridurre i costi di 100 milioni. Bisogna trovare un mix tra queste misure. È chiaro che già riuscire ad andare in Champions, portando 40/50 milioni in entrata, aggiungendo una riduzione dei costi, insomma, si può sperare di rispettare quel parametro. Più in generale, è evidente che se non si va in Champions non si può poi far leva sui quegli incassi commerciali che sono poi il vero surplus della gestione indonesiana e, in tutto questo, c’è l’enigma di Moratti. L’ex presidente nerazzurro aveva e ha la possibilità, dopo due anni dal closing, di uscire. Da quello che leggiamo sembra proprio che ne abbia tutte le intenzioni, anche perché altrimenti dovrebbe far fronte a queste perdite. Bisogna capire chi, magari, subentrerà nel 28/29% di Moratti. Entrare in una società con tali quote e non comandare e dover sopportare in parte queste perdite ingenti non è uno scenario allettante, a meno che sia un benefattore interista. Sono tutte incognite che devono essere valutate e credo che gli organi di controllo della UEFA e anche italiani dovrebbero a questo punto accendere più di un faro sulla gestione dell’Inter, che va salvaguardata, per il suo blasone, il suo patrimonio, che ha a che fare con la storia del calcio italiano, perché i segnali che arrivano dalla gestione Thohir, al di la della facciata, non sono suffragati dai numeri. I numeri ci dicono purtroppo altro, cioè che i conti non sono in miglioramento ma in peggioramento”.