Libero – Thohir e i paradisi fiscali? Segue la prassi del calcio: in Premier League è cosa normale. E anche Moratti…

In queste ultime ore ha fatto scalpore la notizia riguardante la sede dei capitali del presidente nerazzurro, Erick Thohir. Ma in realtà, come scrive Libero questa mattina, il tycoon indonesiano ha semplicemente fatto ciò che nel mondo del calcio fanno tutti. Ma non solo: in realtà azioni del genere non sono nuove nemmeno al mondo nerazzurro. Basti pensare che nel 2006 la società gestita proprio dall’Inter (FC Internazionale Spa) aveva due soci,  Internazionale Holding (di Moratti) al 95% e Minmet Financing Company, di proprietà della famiglia Giulini e che aveva sede a Panama. E inoltre, a sua volta, anche l’1.7% di Interazionale Holding apparteneva a a Hellas Sport International, società dei Lussemburgo la cui azienda controllante (Ihf-Internationalholding) aveva sede nelle Isole Vergini britanniche. Ciò può sembrare meno complesso rispetto a ciò che ha realizzato Thohir, ma il concetto resta comunque lo stesso. Il quotidiano prosegue: “Le proprietà di Moratti nell’Inter sono divise con  la Massimo Moratti SAPA e la CMC (che fa capo allo stesso Moratti al 99%) che detengono rispettivamente il 98,13% e l’1,87% di Internazionale Holding, la quale ha in mano il 29,49% dell’Inter non di proprietà di Thohir“.

Certo, sembra tutto molto complicato, ma ciò fa capire che in realtà Thohir non ha avuto un comportamento anomalo, anzi. Se si guarda nel resto del mondo del calcio vi sono più esempi di fondi con luogo nei paradisi fiscali: in Italia, ad esempio, vi è l’Udinese che è posseduta per il 99% da Gesapar, società del Lussemburgo che ha due soci al 50% con casa a Panama (Global Services Overseas inc. e International Business Services inc.).

Libero prende poi come esempio il massimo campionato inglese: “In Premier League, poi, è prassi. Il 42% dei proventi di tutta la Lega arriva infatti da paradisi fiscali: Manchester United (Cayman), Arsenal (Delaware, negli Usa), Leicester (Isole Vergini), Tottenham (Bahamas), lo stesso Watford dei Pozzo (sempre Lussemburgo), tutti hanno alle spalle società offshore, senza considerare che i controlli su qualcuno (come il Manchester City degli emiri, sede Abu Dhabi) non sono così facili da effettuare“.

Probabilmente ciò che ai tifosi non è andato giù è il finanziamento, ma Thohir è giustificabile anche da questo punto di vista: “Senza aumento di capitale (al quale una delle parti non voleva partecipare), non c’era altra possibilità di inserire soldi nel club. Per intenderci, se avesse avuto il 100% della società,non avrebbeavuto bisogno di alcun prestito. Certo, il tasso di interesse applicato da Thohir è particolarmente alto, però da un lato il patron non aveva intenzione di«regalare» soldi anche a chi non ne aveva messi, dall’altra comunque non porterà a casa alcun interesse, visto che tutti i prestiti saranno convertiti in quote societarie“. E per quanto riguarda proprio il finanziamento, questa strategia di Thohir per avere i soldi dalle banche non è di certo nuova: nel 2006 Moratti scorporò il marchio Inter in una società nuova, Inter Brand, che fu data in garanzia ad Antonveneta per un prestito di 120 milioni. E Thohir ha fatto esattamente lo stesso.

Insomma, nulla di nuovo né nell’Inter né nel mondo del calcio. Nonostante per ogni singolo particolare si cerchi di screditare Thohir, il presidente nerazzurro mantiene duro e cerca, nel frattempo, di realizzare una grande Inter.

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